Se questo è un uomo...

Finirà anche la notte più buia
e sorgerà il sole
Victor Hugo

[ma l'uomo ha fallito...]
A tutto si abitua quel vigliacco ch'è l'uomo.
Fëdor Dostoevskij

[ Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? ]
A che serve la memoria?
Primo Levi

Una domanda che angoscia e tormenta l’Umanità da migliaia di anni e che, 
dai primordi fino a oggi, si ripresenta sempre uguale: 
perché gli uomini si combattono? 
Perché gli uomini si vìolano a vicenda?
Che cosa li spinge? 
Che mire hanno? 
Che cosa li guida? 
Che cosa sperano di ottenere? 
Domande, tante domande, un’infinità di domande.

Non è necessario credere in una fonte sovrannaturale
del male: gli uomini da soli sono perfettamente
capaci di qualsiasi malvagità. 
Joseph Conrad

Francesco Guccini,1992

La banalità del male oggi: come si spiega l’ondata di odio che vediamo nel mondo? Rispondere a questa domanda oggi è difficile e doloroso. La guerra in Ucraina riporta a galla quanto pensavamo di aver sconfitto dopo la seconda guerra mondiale: l’insensatezza del male. O meglio ancora, la sua banalità. Non possiamo rimanere indifferenti, non possiamo fingere che tutto questo non ci riguardi, che “noi non lo faremmo mai”. Dal fenomeno degli hater sui social al conflitto in Ucraina: tutto ciò è la riprova che Hannah Arendt aveva ragione quando parlava di banalità del male. A distanza di 15 anni dal processo di Norimberga, in cui furono condannati ventiquattro dei più importanti gerarchi nazisti, nel 1961 un anonimo tedesco fu catturato in Argentina. Si trattava di Adolf Eichmann, uno degli organizzatori delle deportazioni, che fu processato in Israele nel 1961, attirando l’attenzione dei media di tutto il mondo. Tra i molti osservatori del processo c’era la filosofa Hannah Arendt, che voleva capire come un uomo avesse potuto prendere parte agli orrori dell’Olocausto. Eichmann aveva costretto migliaia di ebrei a fuggire dai paesi occupati. Li aveva privati dei loro beni e aveva organizzato i convogli che deportavano gli ebrei verso i campi di concentramento. Aveva dunque impiegato il proprio ingegno e la propria capacità organizzativa per condannare a morte migliaia di persone. Dalla testimonianza di Eichmann al processo, tuttavia, non emerse il profilo di un uomo crudele e sanguinario. Agli occhi di Hannah Arendt, Eichmann si rivelava banalmente per quello che era: un mediocre burocrate, che nella questione ebraica aveva visto un’occasione per fare carriera. Egli non accettava di essere considerato colpevole “nel senso indicato dall’accusa”, perché non aveva mai materialmente ucciso nessuno. Era stato semplicemente un cittadino ligio agli ordini: un uomo “normale” nella Germania nazista. Le azioni criminali di Eichmann e degli altri gerarchi non erano le azioni di uomini mostruosi e demoniaci. Erano uomini normali, Eichmann era un uomo normale, troppo normale. La banalità del male si trovava nell’incapacità di rendersi conto di quello che si stava compiendo. Eichmann era talmente asservito a quella che per lui era normalità da non essere capace di pensare cosa stesse facendo, quali fossero le sue azioni e le conseguenze da esse derivate. Il filosofo francese Jean-François Lyotard, sulla scia delle riflessioni della Arendt, argomenterà successivamente che nella società nazista era mancato il tempo della riflessione e della scelta.


Anna e la sorella Margot vengono deportate nel campo di concentramento di Auschwitz, nella bassa Polonia... sfortuna nella sfortuna volle che, con l'approssimarsi delle truppe sovietiche che libereranno Auschwitz il 29 gennaio del '45, furono fra le migliaia di prigionieri trasferiti  nel campo di detenzione di Bergen-Belsen, nella bassa Sassonia... dove arriveranno dopo un viaggio terribile durato tre giorni, probabilmente nell'ottobre del '44, stipate in un carro bestiame pieno di deportate malate... sfortuna nella sfortuna volle che entrambe furono fra le 35.000 vittime di tifo che moriranno a Belsen nei primi mesi del'45... Anna e Margot furono sopraffatte dal tifo esantematico tra febbraio e marzo 1945, poco prima della liberazione del campo da parte degli Alleati, avvenuta il 15 aprile del 1945!?!

Le ultime settimane di vita di Anna Frank e della sorella Margot...

L'immagine della speranza
nel giorno della liberazione
del campo di detenzione di Belsen...

"Auschwitz era l'inferno, ma un inferno perfettamente organizzato, senza il minimo disordine: chi moriva spariva subito; chi si ammalava gravemente anche; chi era gassato non gridava" Ha successivamente testimoniato Renata L.A, per il giornale Ernst Shnabel "Il crematorio fu­mava senza tregua, i reticolati erano carichi di elettricità, ma potevamo lavarci. Si riusciva a vivere in attesa di essere uccisi. A Belsen non si riusciva neppure a vivere. Non c'era appello né ordine né sorveglianza né cibo né acqua né speranza. Si ar­rivava là, ci si sedeva per terra e c'era da aspettare solamente una cosa: morire."

Anna, che ha un carattere vivace e fantasioso, e a tredici anni comincia a scrivere un diario.
Vi racconterà la sua interiorità di adolescente, gli screzi con i compagni di prigionia, i suoi sogni e le sue speranze di diventare una scrittrice. La maturazione della ragazzina, nel tragico frangente della prigionia, è rapidissima: Anna esprime anche uno sguardo sulla guerra, sul destino del popolo ebraico, sul ruolo della donna nella società.
Per la sua straordinaria forza e per il suo impatto umano e spirituale il Diario ha conosciuto una immensa diffusione. Tradotto e ristampato in centinaia di migliaia di copie, è forse il più famoso dei testi che raccontano la tragedia degli ebrei. Ne sono stati tratti anche numerose traduzioni cinematografiche. La vicenda della adolescente prigioniera china sulle pagine del suo diario rimane ancora oggi un simbolo indelebile e sconvolgente della Shoah.



Babiy Yar, un film del 2003 che racconta gli omicidi di massa nel settembre 1941 di migliaia di ebrei , prigionieri di guerra sovietici , comunisti, zingari e ostaggi civili collaboratori nazionalisti ucraini nel luogo del titolo, un burrone a Kiev...


Dire che il nazismo fu una follia, un caso teratologico di abnorme bestialità, è in parte un assolverlo, attribuendogli la mezza nobiltà della malattia. Fu, piuttosto, un aggregato di potere, cui l'occasione fu offerta dal desiderio di rivalsa non di un solo maniaco ma di un gruppo di mediocri pieni di livore, di frustrati intellettuali figli della mezza cultura e favoriti da una sciagurata coincidenza di coordinate spazio-temporali, di circostanze economiche, diplomatiche e ideologiche. [...] possiamo assimilare il nazismo alle grandi organizzazioni criminali diffuse oggi nel mondo [...]. [...] il nazismo fu la trionfante volgarità dei pizzicagnoli e dei ragionieri falliti.

Quirino Principe

La sola libertà che si poteva ottenere era la morte.
La vita umana non aveva valore, perché i mostri camminavano liberi sulla terra e potevano disporre di "materiale umano" senza limiti. Freddo e solitudine non lasceranno mai le mura dei lager, così come il lamento dei sofferenti e di chi attendeva la morte come un dono.Il fumo dei camini, l'odore acre della distruzione resteranno sempre come un'ombra nera sull'Europa e sul mondo, che dopo la fine della guerra ha dovuto portare il peso dell'indifferenza, 
la stessa che oggi usiamo tutti noi verso i paesi ancora senza pace...
by Rosella Reali



In realtà quei supplizi che dicono ci siano nel profondo inferno, li abbiamo qui tutti nella vita.
Tito Lucrezio Caro

«Ammonimento agli assassini di domani: non avrete mai pace»
Simon Wiesenthal, 31 dicembre 1908 – 20 settembre 2005

Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.
Elie Wiesel 

[ che il loro ricordo sia una benedizione ]

Gli occhi di questi bimbi o bimbe, sono pieni di paura e tristezza e lacrime. ..
Gli occhi di questa creatura sono offesi.
Non ha avuto modo di capire che vivere è anche gioia. La sua breve vita gli ha mostrato morte, dolore, cattiveria.
Ha visto quanto l'uomo può trasformarsi in bestia.
Non c'è speranza per loro.
Non c'è più vita.
Dopo questa foto, in tanti, verranno accompagnati in una camera a gas e moriranno.
E noi ci aspettiamo che queste cose siano solo "il passato".
Invece non è così.
Sia in occidente che in oriente l'uomo politico obbedisce al Dio denaro, al Dio potere... e i bambini vengono uccisi per vari raggiri politici, pedine di una democrazia che non esiste e, per questo, Dio non ci perdonerà... e neanche i bambini.

Wilhelm Brasse fu il fotografo di Auschwitz: ritrasse molti bambini, molte donne, molti uomini.
Un prelievo dell'identità forzato.
Uno svuotamento della dignità, prima di essere accompagnato nella camera a gas.
Wilhelm Brasse dovette obbedire.
Qualcuno dice "pur di non obbedire, mi sarei tolta la vita".
Io non saprei... 


[ Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.]

Primo Levi, da Se questo è un uomo

Siamo figli di quell’Europa dove è Auschwitz: siamo vissuti in quel secolo in cui la scienza è stata curvata, ed ha partorito il codice razziale e le camere a gas. Chi può dirsi sicuro di essere immune dall’infezione?

Come mia indole personale, non sono facile all’odio. Lo ritengo un sentimento animalesco e rozzo, e preferisco che invece le mie azioni e i miei pensieri, nel limite del possibile, nascano dalla ragione.

Appendice, in Se questo è un uomo, 1976

Se questo è un uomo è sicuramente il romanzo che ha reso celebre Primo Levi. Si tratta di un memoriale, la testimonianza diretta di Levi e dei suoi drammatici giorni nel lager di Auschwitz.

Il testo non nasce come documento di denuncia, bensì come testimonianza e monito per e generazioni future e per tutti nel non dimenticare un avvenimento così sconvolgente. Lo stesso Levi dichiarò che il libro era nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi ed è scritto per soddisfare questo bisogno. L'opera, durante la sua genesi, fu comunque oggetto di rielaborazione. Al primo impulso da parte di Levi, quello di testimoniare l'accaduto, seguì un secondo, mirato ad elaborare l'esperienza vissuta, il che avvenne grazie ai tentativi di spiegare in qualche modo l'incredibile verità dei lager nazisti.


La lettera inedita

Il quotidiano La Stampa pubblicò una lettera inedita di Primo Levi a una bambina di allora di 11 anni, Monica Perosino. La bimba, dopo aver seguito la lezione su Primo Levi ed aver letto la poesia "Se questo è un uomo" che fa da introduzione al libro, scrisse una lettera a Levi, chiedendogli "Perché nessuno ha fermato l'orrore?... i tedeschi erano cattivi?". Lettera alla quale Levi rispose così:

"Piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria, perché chi voleva veramente conoscere la verità poteva conoscerla, e farla conoscere, anche senza correre eccessivi rischi".


Se sulla terra prevalesse l’amore, tutte le leggi sarebbero superflue.
Aristotele.

Guardarla così, con il fazzoletto in testa e gli occhi grandi e trasparenti, è toccare con mano la tragedia di Czeslawa Kwoka e i suoi 15 anni e tutto l'orrore del potere criminale, che annienta e ferisce e stermina gli esseri umani, allora come ora.
Era così giovane e terrorizzata, la ragazza non capiva perché si trovasse lì e non riusciva a capire quello che le era stato detto. Quindi una donna Kapò prese un bastone e la picchiò sul volto. Questa donna stava sfogando tutta la sua rabbia sulla ragazza. Una bella ragazza, così innocente. La giovane pianse ma non poteva fare niente. Prima che le scattassi la fotografia la giovane si asciugò le lacrime e il sangue dal taglio sul labbro..."
 Wilhelm Brasse, fotografo di Auschwitz e compagno di prigionia.


Io pensai: come è misero l'uomo! 
Che cosa vuole?... 
Il cielo è puro e quaggiù c'è posto per tutti; 
pure senza motivo e senza necessità,  solitario egli vive di odio. 
Perché?.
Mikhail Lermontov.


[Baratri. E c’è il filo della memoria. Perché la memoria è provare a mettersi nei panni di qualsiasi umanità violentata, o quell’umanità non esiste, non è mai esistita.]
Cercavo te nelle stelle
Quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
Ma non mi diedero che poche volte
Solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
Meditai la bestemmia insensata
Che il mondo era uno sbaglio di Dio,
Io uno sbaglio del mondo.
E quando, davanti alla morte,
Ho gridato di no da ogni fibra,
Che non avevo ancora finito,
Che troppo ancora dovevo fare,
Era perché mi stavi davanti,
Tu con me accanto, come oggi avviene,
Un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c'eri tu.
Primo Levi, "11 febbraio 1946" da "Ad ora incerta"


Il male non è soltanto di chi lo fa: 
è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia,
non lo impedisce.

Tucidide

La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci.
Isaac Asimov

Io ne ho memoria.
in quei giorni mi avrebbero messo un nero, quello per gli Asociali, che erano i "disabili" o prostitute, i malati o semplici oppositori: i diversi ci chiamavano.
Ho memoria del rosso per i comunisti, gli anarchici e gli oppositori politici fossero anche sacerdoti.
Del giallo per gli ebrei.
Del viola per testimoni di Geova.
Ho memoria del marrone degli zingari
e del blu per i tedeschi antifascisti.
Ho memoria del rosa degli omosessuali.
Erano triangoli.
Erano i miei fratelli e le mie sorelle.
A volte facevano la musica come me.
E io sono tutti loro. Sono tutti quei colori.
Per questo ho memoria di quei triangoli e continuerò ad averla.
Perché sono tutti quei triangoli.
Lo siamo tutti.
E quindi avrò memoria.
Oggi come ieri, come domani.
Ezio Bosso

[quando la "Memoria" dura solo un giorno in realtà si chiama "oblio"]
L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza.
L’opposto dell’educazione non è l’ignoranza, ma l’indifferenza.
L’opposto dell’arte non è la bruttezza, ma l’indifferenza.
L’opposto della giustizia non è l’ingiustizia, ma l’indifferenza.
L’opposto della pace non è la guerra, ma l’indifferenza alla guerra.
L’opposto della vita non è la morte, ma l’indifferenza alla vita o alla morte.
Fare memoria combatte l’indifferenza.
Elie Wiesel

Io penso che [il giorno della Memoria], oltre a ricordare la Shoah, dovrebbe essere esteso a tutti gli olocausti del pianeta. Dovrebbe essere il giorno dei diseredati, degli sfruttati, dei poveri; il giorno dei milioni di morti per fame, guerre, malattie, schiavitù; il giorno di tutti i perseguitati, deportati e uccisi nel corso della storia, a cominciare dallo sterminio di interi popoli e alla tratta di milioni di schiavi deportati dall'Africa; oggi dovrebbe essere la giornata di tutta l'Umanità perseguitata e dimenticata.
Fiorella Mannoia


Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze; e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo. Ciò che forse temiamo maggiormente è che ciascuna delle due non possa esistere senza l’altra, come accade per le due facce di una moneta.
Zygmunt Bauman

«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare»
teologo tedesco Martin Niemöller 


Si deve anche avere la forza di soffrire da soli, e di non pesare sugli altri con le proprie paure e con i propri fardelli. Dobbiamo ancora impararlo e ci si dovrebbe reciprocamente educare a ciò, se possibile con la dolcezza e altrimenti con la severità. Quando dico: in un modo o nell’altro ho chiuso i conti con la vita, non è per rassegnazione.
«Tutto quel che si dice è un malinteso». Se mi capita di dire una cosa del genere, viene intesa altrimenti. Non è rassegnazione, non lo è di certo.
Cosa voglio dire? Forse, che ho già vissuto questa vita mille volte, e altrettante volte sono morta, e dunque non può più succedere nulla di nuovo? 
É un modo di esser blasé? No, è un vivere la vita mille volte minuto per minuto, e anche un lasciare spazio al dolore, spazio che non può essere piccolo, oggi. E fa poi gran differenza se in un secolo è l’Inquisizione a far soffrire gli uomini, o la guerra e i pogrom in un altro? Assurdo, come dicono loro? Il dolore ha sempre preteso il suo posto e i suoi diritti, in una forma o nell’altra. Quel che conta è il modo con cui lo si sopporta, e se si è in grado di integrarlo nella propria vita e, insieme, di accettare ugualmente la vita. Sto teorizzando dietro la mia scrivania, dove ogni libro mi circonda con la sua familiarità, e con quel gelsomino là fuori? É solo teoria, non ancora messa alla prova da nessuna pratica? Non lo credo più. Tra poco sarò messa di fronte alle estreme conseguenze.
Etty Hillesum

C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco".
C'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald

erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l' eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.

C'è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

Joyce Lussu

Il fatto che gli uomini non imparino mai dalla storia, è la lezione più importante che la storia ci insegna.
Aldous Huxley

La libertà non è mai definitiva, ogni generazione deve conquistarsela.
Coretta Scott King

"Come nascono i lager?
Facendo finta di niente."

Primo Levi

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.
Primo Levi

Tutti coloro che dimenticano il loro passato 
sono condannati a riviverlo.
Primo Levi

[se questo è un uomo]


Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Poesia di Primo Levi

[Tu sei ad un soffio dall'oblio... E la parabola della tua vita si staglia in quella frazione di tempo e di spazio che ti separa da quell'oblio. E ti lascia vivere, il destino. Forse ha scelto te, in memoria di milioni di morti.]

Dal film "Il bambino con il pigiama a righe"
la scena straziante della madre e della sorella
che hanno intuito che sul piccolo Bruno
si era abbattuta una  tragedia...
 nel link le drammatiche scene finali.


creatura sfortunata, nel posto sbagliato al momento sbagliato... come sfortunata è gran parte dell'umanità in ogni dove e in ogni quando... sfortuna alla quale dà forma e sostanza il film del 2008 
"Il bambino con il pigiama a righe" adattamento per il grande schermo dell'omonimo romanzo di John Boyne. Sfortuna che ha nome Shmuel, un ragazzino ebreo in un campo di concentramento. Ma ancor di più ha nome Bruno, figlio del comandante di un campo di concentramento: un bambino tedesco di otto anni, curioso, intraprendente e appassionato d'avventura. Bruno conosce Shmuel, suo coetaneo. Tra i due bambini nasce una profonda amicizia. Un giorno, appena prima di trasferirsi di nuovo, Bruno si "traveste" da ebreo, scava una fossa e raggiunge Shmuel dentro il campo di concentramento per aiutarlo nella ricerca del padre che Shmuel non riusciva più a trovare: all'improvviso rimangono coinvolti in un rastrellamento all'interno del campo e condotti in un'apparente doccia in una camerata. In realtà era una camera a gas, nella quale, mano nella mano moriranno.

"A volte il destino si ferma su un pianerottolo, a due metri da te. Sceglie, il destino. Non bussa alla tua porta, ma a quella di fianco, dove ci sono tua sorella di otto anni e tua nonna: e le porta via, per sempre. Tu sei ad un soffio da loro, la porta accanto è quella che ti sta risparmiando l'oblio. E la parabola della tua vita si staglia in quel metro che ti separa da quella porta sullo stesso pianerottolo. E ti lascia vivere, il destino. Forse ha scelto te, in memoria di milioni di morti. Dovrai testimoniare, fino a quando avrai fiato in gola".
Queste le parole di Nando Tagliacozzo, un sopravvissuto al rastrellamento del ghetto ebraico di Roma, avvenuto il 16 ottobre del 1943. Un'incursione compiuta di notte, mentre tutti dormivano. Per assicurarsi di catturare quanti più ebrei possibile per spedirli, in un secondo momento, in Germania, nei campi di sterminio. I numeri del rastrellamento sono da brividi: 1007 persone vennero deportate. Tornarono indietro in 16.
Il motivo del rastrellamento era molto semplice: gli Alleati stavano avvicinandosi a Roma e dunque era necessario sbarazzarsi al più presto di quanti più ebrei possibile. Per l'operazione furono scelti solo soldati tedeschi, in quanto gli italiani non erano ritenuti "affidabili" per questo compito. Alle azioni molti civili risposero con una resistenza "passiva", nascondendo gli ebrei o ostacolando le operazioni dei soldati per facilitare la fuga di alcune famiglie.
Sono passati molti anni ma, come ha affermato Nando, la testimonianza deve rimanere viva e dovrà essere urlata fin quando avremo fiato in gola.

A tutti auguriamo una madre e una compagna con l'animo di Etty Hillesum... 

[ E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio ]
Il 30 novembre 1943 moriva ad Auschwitz Etty Hillesum, dopo averci lasciato un Diario con testi straordinari.

Hetty Hillesum: lo scandalo della bontà...
Mai dimenticherò quella notte,
la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga
notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i
corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la
mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto
per l'eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli
istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni,
che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere
quanto Dio stesso. Mai.”
Elie Wiesel “La notte” 

[ L'età dell'anima è diversa da quella registrata all'anagrafe. ]
Credo che l'anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa età non cambi più. Si può nascere con un'anima che ha dodici anni. Si può nascere anche con un'anima che ne ha mille. L'anima è diversa da ciò che noi chiamiamo "sentimento". Ci sono persone che hanno molto "sentimento", ma poca anima.
Etty Hillesum, da Diario


Etty Hillesum è una giovane donna di Amsterdam, intensa e passionale.

Legge Rilke, Dostoevskij, Jung. È ebrea, ma non osservante. I temi religiosi la attirano, e talvolta ne parla. Poi, a poco a poco, la realtà della persecuzione comincia a infiltrarsi... ma, quanto più il cerchio si stringe, tanto più Etty sembra acquistare una straordinaria forza dell’anima. Non pensa un solo momento, anche se ne avrebbe l’occasione, a salvarsi. Pensa a come potrà essere d’aiuto ai tanti che stanno per condividere con lei il «destino di massa» della morte amministrata dalle autorità tedesche. Confinata a Westerbork, campo di transito da cui sarà mandata ad Auschwitz, Etty esalta persino in quel «pezzetto di brughiera recintato dal filo spinato» la sua capacità di essere un «cuore pensante». Se la tecnica nazista consisteva innanzitutto nel provocare l’avvilimento fisico e psichico delle vittime, si può dire che su Etty abbia provocato l’effetto contrario. A mano a mano che si avvicina la fine, la sua voce diventa sempre più limpida e sicura, senza incrinature. Anche nel pieno dell’orrore, riesce a respingere ogni atomo di odio, perché renderebbe il mondo ancor più «inospitale». La disposizione che ha Etty ad amare è invincibile. Sul suo diario aveva annotò: «“Temprato”: distinguerlo da “indurito”». E proprio la sua vita sta a mostrare quella differenza.
Il 30 novembre 1943 moriva ad Auschwitz.

[ Sono già morta mille volte in mille campi di concentramento ]
Eppure non riesco a trovare insensata la vita. E Dio non è nemmeno responsabile verso di noi per le assurdità che noi stessi commettiamo: i responsabili siamo noi! Sono già morta mille volte in mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell’altro, so già tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto.
E resterò a scrivere a questa scrivania fino all’ultimo minuto e a credere in ogni poesia che leggerò…Voglio essere un cuore pensante. È la condizione del cuore come centro, in quanto centro, quella che determina e fa sorgere i centri che risplendono illuminando, che se si riferiscono alla cosiddetta realtà esteriore o mondo si riflettono in centri interiori e si sostengono su di essi. Si deve diventare un’altra volta così semplici e senza parole come il grano che cresce, o la pioggia che cade. Si deve semplicemente essere.
Etty Hillesum, da Diario

Certe volte non si riesce a capire e ad accettare ciò che i tuoi simili su questa terra si fanno l'un l'altro, in questi tempi scatenati. Ma non per questo mi rinchiudo nella mia stanza....: continuo a guardare le cose in faccia e non voglio fuggire dinanzi a nulla; cerco di comprendere i delitti più gravi, cerco ogni volta di rintracciare il nudo piccolo essere umano che spesso è diventato irriconoscibile.
Etty Hillesum

[ È vero, ci portiamo dentro proprio tutto ]
Dio e il cielo e l’inferno e la terra e la vita e la morte e i secoli, tanti secoli. Uno scenario, una rappresentazione mutevole delle circostanze esteriori. Ma abbiamo tutto in noi stessi e queste circostanze non possono essere mai così determinanti, perché esisteranno sempre delle circostanze – buone e cattive – che dovranno essere accettate, il che non impedisce poi che uno si dedichi a migliorare quelle cattive. Però si deve sapere per quali motivi si lotta, e si deve cominciare da noi stessi, ogni giorno daccapo. É proprio l’unica possibilità che abbiamo, Klaas, non vedo altre alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancora più inospitale.
Etty Hillesum, dal Diario

[Si vorrebbe essere un balsamo per ogni ferita.]
Con queste parole si conclude il Diario scritto da Etty Hillesum
Etty Hillesum, da Diari



A tutti auguriamo un'amica con il coraggio e la risolutezza di Franceska Mann.
[fu tra le sfortunate persone condannate immediatamente alla camera a gas]


[che il suo ricordo sia una benedizione]

Arrivata ad Auschwitz il 23 ottobre 1943, la ballerina ebreo polacca Franceska Mann fu tra gli sfortunati condannati immediatamente alla camera a gas. Le venne ordinato di spogliarsi per la falsa procedura delle docce purtroppo ben conosciuta, ma lei, forse consapevole della fine che l'aspettava, decise di vendere cara la pelle. Alcuni testimoni dissero infatti che la ballerina si denudò in maniera volutamente provocante per distrarre le guardie, prese poi la pistola di uno degli ufficiali e gli sparò un colpo alla testa e uno allo stomaco. Sparò anche un terzo colpo che ferì un sergente delle SS. Fu lo stimolo per gli altri condannati che iniziarono una lotta conclusasi purtroppo con il fuoco delle mitragliatrici naziste. 
Franceska Mann morì nella sparatoria.


A tutti auguriamo una figlia con l'indole di Anna Frank... che in tempi bui per lei e per l'Umanità scriveva: "È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte avvicinarsi il rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità."


Non penso a tutta la miseria,
ma alla bellezza che rimane ancora.
Anna Frank

“Nonostante tutto credo ancora che le persone siano buone davvero, nel cuore. Semplicemente non riesco a dar forma alle mie speranze su delle fondamenta che sono confusione, miseria e morte”.
Il diario di Anna Frank
Anne disse: “Qui possiamo stare tutte e due su un unico tavolaccio, stiamo insieme e nessuno ci disturba”. Margot riusciva appena a sussurrare. Aveva la febbre alta. 
Pin on Anne Frank...and other storiesIl giorno dopo andammo di nuovo a trovarle. Margot era caduta dal tavolaccio e viveva in uno stato di semi-incoscienza. Anche Anne aveva la febbre, era gentile e affettuosa. Disse: “Margot dormirà bene e se dorme non ho più bisogno di alzarmi”. Alcun giorni dopo trovammo il tavolaccio vuoto. Sapevamo cosa significava. Le scoprimmo dietro la baracca. Avvolgemmo i loro corpi smagriti in una coperta e li trasportammo in una fossa comune. Fu tutto ciò che ancora potemmo fare per loro”.
Lien Brilleslijper

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.

Primo Levi

Sul piano spirituale,
ogni dolore è una fortuna;
sul piano spirituale soltanto.
Emil Cioran

Questo non è un sanatorio. Questo è un Lager tedesco, si chiama Auschwitz, e non se ne esce che per il Camino. Se ti piace è così; se non ti piace, non hai che da andare a toccare il filo elettrico.
Primo Levi



[ Eppure non riesco a trovare insensata la vita. ]
E Dio non è nemmeno responsabile verso di noi per le assurdità che noi stessi commettiamo: i responsabili siamo noi! Sono già morta mille volte in mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell’altro, so già tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto.
E resterò a scrivere a questa scrivania fino all’ultimo minuto e a credere in ogni poesia che leggerò…
Etty Hillesum, morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943.



"Se allevierò il dolore di una vita o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido non avrò vissuto invano"
Emily Dickinson

Se l’uomo muore, muore la sua vita.
Ma se l’uomo vive, muore la sua anima.
E "desiderare l’immortalità
è desiderare la perpetuazione in eterno di un grande errore".

Arthur Schopenhauer

Post popolari in questo blog

L'ovviamente ovvio dell'ovvietà...

Sottolineo, ricopio, estraggo e porto via!