Papà torna...

Padre, mi hai lasciato [ma io] non ho mai lasciato te.
Avevo bisogno di te [ma] tu non avevi bisogno di me...
John Lennon, "Mother"

[quanto vorrei tornare bambino e manifestare il mio amore...]
Non ricordo di aver mai manifestato il mio affetto a mio padre...




Dopo i tanti momenti di sconforto della vita, fatti di lacrime e di domande senza una risposta del perché fosse capitato a me, avrei sempre voluto addormentarmi tra le braccia forti di un uomo che era diventato la mia famiglia. Di mio padre.
Ma non mi è mai capitato, nonostante fosse sempre presente...



[sembrerebbero dire alcuni...]
“Non importa chi fosse mio padre;
importa ciò che mi ricordo che fosse.” 
Anne Sexton

E poi quei padri presenti fisicamente ma assenti dal punto di vista emotivo. La presenza di un padre, non solo fisica ma anche e soprattutto emotiva e sociale, risulta fondamentale nello sviluppo di un bambino. Ma non sempre un padre è realmente presente. Spesso capita che la figura paterna sia se non anaffettiva comunque emotivamente più restia, meno aperta e disposta ad instaurare una relazione sana con il figlio, a fargli da guida nel suo percorso di vita...

Quella volta avrei dovuto 
dirgli che gli volevo bene ma,  fra noi, non era pensabile e gli dissi solamente “buonanotte”...
E il silenzio cadde su di noi.
Dicono che le anime si parlino in silenzio; spero che le nostre da quella volta abbiano insieme ballato, giocato, pianto, riso...

[io vorrei solamente chiedergli il perché di tante cose... 
ecco, questo gli chiederei "perché...?"]
A 10 anni lo vedi come l’uomo più forte del mondo. A 20 pensi che non capisca nulla, con lui non sei d’accordo su niente. A 30 cominci a pensare che forse sei tu a non capire un cavolo. A 40, quando anche tu sei un papà, vai a trovarlo perché qualcosa di utile e interessante te la dice sempre. A 50, ogni volta che lo vedi e pensi agli anni passati viene una dolce malinconia dei momenti passati insieme.
Ora vorrei fargli gli auguri perché è la sua festa...
ma non c’è più.
Davide Cassani


Credo si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti, mentre non si preoccupa di educarci.
Ci si forma su scarti di saggezza.
Umberto Eco

“La cosa più importante che un padre può fare per i propri figli è amare la loro madre.” 
Henry Ward Beecher


"Lloyd, quando si è un buon padre?"
"Sir, padri non si è mai, si impara ad esserlo"
"Per quanto tempo, Lloyd?"
"Per tutta la vita, sir"
"La vita è parecchio tempo, Lloyd"
"Una briciola se paragonato all'amore per un figlio, sir"
"Tra una lezione e l'altra c'è almeno l'intervallo?"
"Naturalmente sì, sir. E ci si diverte anche molto"

by Vita con Lloyd


Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno"
Fëdor Dostoevskij


"Father and Son", un singolo di Cat Stevens...
La canzone assunse da subito un carattere universale e divenne un ottimo spaccato delle discussioni che intercorrono tra generazioni: i "padri" che hanno già trovato la loro strada e la loro sicurezza e i "figli" che invece rinunciano a quanto i padri possono offrire loro per cercare nuovi orizzonti. A tal proposito, Cat Stevens racconta: "Non ho mai davvero capito mio padre, ma mi ha sempre lasciato fare quello che volevo, mi ha lasciato andare. 'Father and Son' è per tutti quelli che non possono sentirsi liberi. Alcuni pensano che io abbia preso le parti del figlio. Ma non avrei potuto cantare la parte del padre senza averla pienamente compresa. Ho ascoltato recentemente questa canzone e alcuni dei versi potrebbe essere stato il padre del padre del padre del padre del padre del padre di mio padre a dirli..."

E ricordati, io ci sarò.
Ci sarò su nell'aria.
Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami.
Ci si parla.
Ma non nel linguaggio delle parole.
Nel silenzio.
Tiziano Terzani


Stanotte ho dormito nel tuo letto papà...
Non mentirò, non sei stato il mio modello, non ti ho mai visto all'uscita della scuola, la domenica non mi portavi a giocare al parco. Non hai mai detto quanto fosse bello stare con me. Non mi hai mai detto quanto fiero tu fossi di me, di quello che stavo diventando. Non mi hai mai abbracciato così di colpo e detto quanto mi volessi bene. Non ho mai visto i tuoi occhi guardarmi orgogliosi..
Ma sai cosa ti dico?
Non importa papà...
Non avremo più tempo per odiarci, non avremo più tempo per recuperare il nostro  tempo perduto, non potrai più vedermi crescere e non hai potuto sentire i tuoi nipoti chiamarti “nonno”.
Mi mancherai per sempre papà.
Avrei voluto che tu fossi il mio guerriero, il mio eroe...
Avrei voluto vederti mentre ascoltavi i miei guai, le mie giornate "no"...
Avrei voluto un tuo abbraccio, un tuo bacio, una tua pacca sulla spalla...
E tu papà, te lo saresti mai aspettato che ti amassi così tanto?
Auguri papà...
Sogni d'oro papà.

[tutti dovrebbero "poterlo dire"...]
Avevo un principe azzurro.
- E com'era?
- Beh, era l'uomo più carino del mondo.
- E ti amava?
- Se mi amava !!!???... 
fin dal primo giorno che mi ha visto.
- Non ti credo.
- È vero , mi amava come io lui.
Davvero? Come si Chiamava?
- Aveva un nome, ma io lo
chiamavo papà.

[Acta est fabula, plaudite!] 
Non avvicinarti alla mia tomba piangendo.
Non ci sono.
Non dormo lì.
Io sono come mille venti che soffiano.
Io sono come un diamante nella neve, splendente.
Io sono la luce del sole sul grano dorato.
Io sono la pioggia gentile attesa in autunno.
Quando ti svegli la mattina tranquilla, sono il canto di uno stormo di uccelli.
Io sono anche le stelle che brillano, mentre la notte cade sulla tua finestra.
Perciò non avvicinarti alla mia tomba piangendo.
Non ci sono.
Io non sono morto.
Mary Elizabeth Frye


La mente è il rapporto tra un padre e un figlio, tra colui che ci ha fatto diventare qualcosa e noi, che lo pensiamo come figli, ma attraverso lo sguardo che Iui ha diretto su di noi; noi non guardiamo nostro padre, noi ricordiamo invece lo sguardo che nostro padre ha rivolto su di noi  e così alla fine di tutto e al termine di ogni possibile vicenda noi ci ricordiamo nostro padre come se fosse nostro figlio. E nei nostri figli non riconosciamo noi stessi, che come tali non esistiamo, ma riconosciamo ancora nostro padre. 
Aldo Giorgio Gargani, Introduzione a Wittgenstein

A mio figlio
Abbi fiducia nella vita e non nelle ideologie;
non ascoltare i missionardi quest'illusione  o quell'altra.
Ricorda che c'è una sola cosa affermativa, l'invenzione; il sistema invece è caratteristico della mancanza d'immaginazione.
Ricorda che tutto accade a caso e che niente dura, il che non ti vieta di fare un disegno sul vetro appannato, né di cantare qualche nota semplice quando sei contento;
può darsi che sia un bel disegno, che la canzone sia bella: ma questo non ha certo importanza, basta che piacciano a te.
Un giorno morrai; non fa niente, poiché saranno gli altri ad accorgersene.

Juan Rodolfo Wilcock da Per il gatto in Luoghi comuni

Ti vengo a prendere io, non preoccuparti.
Adesso riposati, ci pensiamo domani.
La macchina è a posto.
Te li do io i soldi che ti mancano per il viaggio.
E’ pronta la cena, corri!
Ti ho messo il caffè in frigo
così quando torni, lo trovi freddo.
Non sarai un po’ leggera vestita così?
La prossima volta andrà meglio, vedrai.
Vai piano!
Lo so che adesso ti manca e ti senti morire, ma passerà.
E’ un dolore infinito, ma sei più forte tu.
Mi vesto e arrivo.
Scegli una stella che te la vado a prendere.
Non chiamare il tecnico, vengo io.
Sei bella quando sorridi.
Questi occhi te li ho fatti proprio bene!
Tieni, mangialo tu. Io non ho più fame.
Sei sicura che va tutto bene?
Fatti una bella doccia, così ti riscaldi.
Dammi il trolley, lo porto io.
Parto un po’ prima, così quando arrivi mi trovi in stazione.
Questo vestito ti sta benissimo!
Non sono stanco, andiamo!
Vieni a pranzo, ti aspettiamo?
Fammi solo uno squillo quando arrivi
così posso mettermi a dormire.
Vorrei vederti sempre felice, come adesso.
Ho sbagliato tante di quelle volte
ma l’ho fatto soltanto per proteggerti.
Buonanotte.
A domani.
Quante volte i nostri papà
ci hanno detto “ti amo”
senza che noi
ce ne rendessimo conto.
Andrew Faber

«La specie umana continuerebbe ad esistere 
se i bambini venissero messi al mondo 
per un atto di pura razionalità? 
Un uomo non proverebbe piuttosto un’empatia tale nei confronti della generazione successiva da volerle risparmiare il peso dell’esistenza? O almeno da non accollarsi a sangue freddo la responsabilità di quel peso?»
Arthur Schopenhauer (1788-1860), 
da “Le sofferenze del mondo” 




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