Come si sente meglio l’italiano dopo aver parlato male dell’Italia! Quasi come sta bene il francese dopo aver parlato bene della Francia o l’americano dopo aver elogiato gli Stati Uniti.
Franco Ferrucci
[ e cominciamo col dire che l'Italia è il Paese degli struzzi ] laddove gli interessi di pochi continuano a prevalere su quelli delle masse.
Per fortuna che il ridicolo non uccide
perché altrimenti in Italia ci sarebbe una strage.
Indro Montanelli
"Che cosa ti vuoi aspettare da un paese che ha la forma di una scarpa?" "Una pedata nel didietro!"
Danilo Arlenghi
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Dante Alighieri
[l'Italia ha una mentalità da piccolo paese]
Le superpotenze si comportano da gangster e i paesi piccoli da prostitute.Stanley Kubrick
Scende la sera, questa febbre che sale, cos'è?
Arrivi puntuale ed ognuno impazzisce per te
Di giorno forse hai qualche problema
Sì, ma la notte ti trasformerà
In una stella che brilla sopra ogni città
Ti muovi bene sui quei tacchi a spillo
Ok, Italia
Fascino classico e un poco di nostalgia
A volte sei una spiaggia libera
A volte un rischio da evitare
Passo di danza, mentre il ritmo incalza di più
Dolce e perversa fai un'altra promessa, tu
Le calze con la riga nera
Al tempo stesso sexy ed austera
La tua bandiera ondeggia e ti ricopre appena
Ti muovi lenta e ti lasci guardare
Ok, Italia
Dondoli i fianchi come solamente tu sai fare
Sei un rapido che è sempre in ritardo
Sei un grande sogno da attraversare
Ma il sogno tuo proibito è una canzone che non so…
“L’Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade, si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. È un’intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia, scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d’un ingannevole, e forse insensato, conforto“.
Visit Italia...
E quel canto risorgimentale che è "L'inno di Mameli" fu eseguito per la prima volta, come "Fratelli d'Italia" (scritto dallo studente mazziniano Goffredo Mameli e ispirato alla "Marsigliese" del 1792) a Genova il 10 dicembre 1847. Dal 1861 (unità d'Italia) alla seconda guerra mondiale non fu affatto il nostro inno nazionale... dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 venne adottato come inno nazionale “La canzone del Piave” composta nel 1918. Ma nel Sud Italia appena liberato iniziò a diffondersi l’inno di Mameli con i partigiani, in particolare, che cominciarono a cantarlo fino a che, nel 1946, venne infine scelto come nuovo inno, prima provvisorio e infine diventato ufficiale ben 71 anni dopo: “solo” il 15 novembre del 2017, quando fu approvata una legge ad hoc che lo ha dichiarato inno ufficiale dell’Italia.
"Questione Meridionale dell'Europa"
“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani” con questa frase, associata in genere, a Massimo D’Azeglio, si vuole significare che per quanto l’Italia geograficamente e politicamente unita ufficialmente il 17 marzo 1861, in essa, allora come oggi, sembrano voler continuare a regnare le differenze fra le regioni e la popolazione continua ad essere sostanzialmente un coacervo di popoli diversi e non solo per l’attaccamento a tradizioni e lingue (dialetti) diversi tra loro, ma anche per uno scarso senso di vera unità.
E mai l'Italia fu più unita come nel pallone...
La Pattuglia Acrobatica Nazionale [313º Gruppo Addestramento Acrobatico] è la pattuglia acrobatica nazionale dell'Aeronautica Militare Italiana, nata nel 1961 in seguito alla decisione dell'Aeronautica stessa e di creare un gruppo permanente per l'addestramento all'acrobazia aerea collettiva dei suoi piloti. Con dieci aerei, di cui nove in formazione e uno solista, sono la pattuglia acrobatica più numerosa del mondo, ed il loro programma di volo, comprendente una ventina di acrobazie della durata di circa mezz'ora, le ha rese le più famose al mondo, riconosciute a livello mondiale come la miglior pattuglia acrobatica nazionale.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia.
Giacomo Leopardi
«Ma che paese è questo dove gli unici che hanno ancora qualche speranza vengono chiamati disperati?».
Stefano Benni, “Elianto”
[Benvenuti in Italia]
In Italia il furbo è tuttora ritenuto un piccolo eroe da imitare...
chi “frega” gli altri, in Italia, solleva da sempre ammirazione...
Benvenuti nel paese dove la corruzione non è un'eccezione, ma la regola,
benvenuti nel paese nelle mani degli opportunisti, dei furbi, dei ladri,
benvenuti nel paese che mette in fuga i suoi cervelli migliori, che diffonde spazzatura al posto della cultura. Benvenuti nel paese dove i grandi evasori fiscali vengono agevolati e dove i ladri di pane vengono processati e condannati.
Benvenuti nel paese delle stragi impunite e degli eroi lasciati soli e dimenticati; benvenuti nel paese dove chi ha una fedina penale sporca può essere eletto a rappresentare un popolo e dove, chi governa, non si vergogna a mettere le mani nelle tasche dei cittadini onesti, ma prova ribrezzo a metterle nelle proprie.
Benvenuti nel paese che ha sottratto il futuro ai giovani e il presente agli anziani.
Benvenuti in Italia
Paola Melone
"L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé.
Goethe
Un popolo istrione, gigione, con tendenza alla buffoneria...
laddove se un sindaco o un governante non funziona per una città o per un popolo, allora bisogna cambiare i cittadini o i popoli, non certo il sindaco o chi governa...
forse la più celebre canzone del cantautore calabrese, prematuramente scomparso all'età di 30 anni. La canzone descrive un intero secolo di storia italiana, il ‘900, rapportandolo alla vita di una donna bellissima, l'Aida del titolo appunto... ma Aida non è una sola donna, è la summa di tutte le donne italiane di quell'epoca...
Nel brano, Aida è ormai una donna anziana, che sfoglia il suo album di fotografie. "I suoi ricordi e le sue istantanee" che fanno il paio con "i suoi tabù, le sue madonne e i suoi rosari", emblemi di una vita vissuta da devota cattolica, una tradizione millenaria avvertita come oppressiva dalle frange più progressiste della popolazione.
C'è poi il riferimento al nazionalismo e alle guerre coloniali: i "mille mari" del Mare Nostrum e l'"alalà", grido di battaglia utilizzato da D'Annunzio e dagli aviatori italiani nell'incursione aerea su Pola del 1917, diffuso poi durante la presa di Fiume e, successivamente, esteso a tutto il fascismo.
La complessa simbologia della canzone prosegue su questa scia, in perfetto ordine cronologico, citando, oltre alle calze a rete di Aida, i
suoi "vestiti di lino e seta". Successivamente l'autore passa dalla moda al cinema e cita l'attrice tedesca
Marlene Dietrich e il celebre personaggio di Charlie Chaplin. Inevitabilmente, poi, il discorso di sposta sulla guerra... che lasciò "un paese diviso" in cui però il rosso è il colore dell'amore e non più del sangue versato dai soldati in guerra. Si arriva così al grido di "Aida, come sei bella", sofferta dichiarazione d'amore alla nazione, nonostante le contraddizioni e le tragedie del suo passato, che introduce la seconda parte della canzone, che racconta l'immediato dopoguerra. Tra "compromessi", "povertà", "salari bassi", "fame" e lo spettro del "terrore russo" con la contrapposizione tra "Cristo e Stalìn" per poi approdare all'assemblea costituente e alla democrazia, rispetto alla quale il cantautore commenta rassegnato "e chi ce l'ha?", come a dire che, in realtà, in Italia la democrazia è stata solo un'illusione, perché gli interessi di pochi hanno continuato a prevalere su quelli delle masse.
Viva l'Italia,
l'Italia liberata, l'Italia del valzer,
l'Italia del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore.
Viva l'Italia, l'Italia che non muore. Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste...
Francesco De Gregori
[e gli italiani farebbero bene a lasciar perdere le guerre...]
"Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio
e le partite di calcio come se fossero guerre".
Winston Churchill
E questa repubblica non fu fondata dai codardi;
e i codardi non saranno in grado di preservarla.
Elmer Davis
In tanti, fortunatamente, contribuirono a far cadere l'orribile dittatura nazifascista, non solo i militanti comunisti...
d'altro canto lo sbarco in Sicilia fu fatto anche grazie all'aiuto delle mafie dell'epoca...
non per questo le mafie vengono celebrate ed osannate...
Tutti coloro che combattono contro le dittature, di qualsiasi matrice, devono essere ricordati e celebrati...
senza nascondere nefandezze individuali o collettive...
"La patria è quel luogo ove mia madre mi ha partorito nella disperazione; fra il freddo, gli stracci e la sporcizia. La patria è quel luogo ove mia madre è morta, ancora giovane, sfiancata dalla fatica, dalla privazione e dal dolore. La patria è quel luogo ove, mentre lavoravo a mantenere i miei ultimi, poveri fratellini, m'hanno chiamato alla caserma lasciando i piccoli nell'abbandono e nella fame. La patria è quel luogo ove, se non ho lavoro e pane posso appiccarmi al primo ramo d'albero che pende. Ora domando a voi, s'io posso amare la patria e se io posso sentire il dovere di difenderla." Rispondendo alle polemiche sorte nel mondo socialista dopo la comparsa di questa lettera sull'Avanti! Maria Giudice scriveva sullo stesso l'8 gennaio 1915:
"Per conto mio sento che non una goccia di sangue darei per questa patria [...] questa patria che domani lascerebbe crepare i miei figli di fame io la esecro. Stranieri mi sono, al pari di quelli di fuori codesti ben pasciuti, che se domani avessi freddo e fame tirerebbero dritto per la loro strada, o tutt'al più mi farebbero l'onta della loro carità [...] e dovrei - e questo più di tutto mi impensierisce e mi ripugna e mi appare un tradimento - cooperare a quel rifiorire di odi di razza e di nazionalità, che solo servirono ai re per crearsi o ingrandire i loro regni, ai privilegiati della terra per tenere divise le masse proletarie [...]"
Maria Giudice fu una delle più importanti esponenti del mondo socialista agli inizi del '900, ripetutamente arrestata per la sua costante attività di propaganda a favore dei lavoratori e delle donne; maestra licenziata per le sue idee politiche...
Venticinque aprile, la memoria della liberazione
contro il nuovo fascismo delle società del mercato
non più potere clerico fascista ma nichilista permissivo relativista delle società del consumo...
se idee nazionaliste possono degenerare nell'orribile fascismo...
idee socialiste possono sfociare nell'altrettanto orribile comunismo...
[sostituisci nazismo con fascismo... insomma ci siamo capiti]
Dire che il nazismo fu una follia, un caso teratologico di abnorme bestialità, è in parte un assolverlo, attribuendogli la mezza nobiltà della malattia. Fu, piuttosto, un aggregato di potere, cui l'occasione fu offerta dal desiderio di rivalsa non di un solo maniaco ma di un gruppo di mediocri pieni di livore, di frustrati intellettuali figli della mezza cultura e favoriti da una sciagurata coincidenza di coordinate spazio-temporali, di circostanze economiche, diplomatiche e ideologiche. [...] possiamo assimilare il nazismo alle grandi organizzazioni criminali diffuse oggi nel mondo [...]. [...] il nazismo fu la trionfante volgarità dei pizzicagnoli e dei ragionieri falliti.
Quirino Principe
“Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!".
Era il 3 gennaio 1925 quando Mussolini pronunciò questa frase in Parlamento: era, di fatto, l’inizio vero e proprio della dittatura, con il capo del governo che faceva una cosa mai vista prima: si assumeva la responsabilità dell’assassinio di un deputato dell’opposizione, Giacomo Matteotti.
Quando alcuni parlano di dittatura sanitaria, ricordiamoci anche di questo: ricordiamoci che c’è stato davvero un tempo in cui i dittatori c’erano e facevano sul serio; dittatori senza scrupoli che facevano ammazzare i capi delle opposizioni. E portiamo rispetto a chi per la dittatura fascista ha sofferto davvero.
Facciamolo, e teniamo sempre a mente una cosa: che il fascismo, per quanto ha fatto, non è mai un’opinione, bensì un reato.
"E quando si tratta di fascismo non siamo di fronte a un mondo pacificato.
Ci sono due o più culture in Italia che possono arrivare allo scontro e in ogni caso non si capiscono o rifiutano comunque la cultura dell’altro.
C’è ancora una parte d’Italia che in realtà non è antifascista e non ha accettato la democrazia.
Sono cambiati di segno, ma non hanno fatto i conti con la propria storia.
Il nostro Paese, rispetto agli altri Paesi europei, non ha ancora una memoria pacificata”.
Tanto i partigiani comunisti che i miliziani fascisti combattevano per la bandiera di due dittature, una rossa e l'altra nera. Le loro ideologie erano entrambe autoritarie. E li spingevano a fanatismi opposti, uguali pur essendo contrari. Ma prima ancora delle loro fedeltà politiche venivano i comportamenti tenuti giorno per giorno nel grande incendio della guerra civile. Era un tipo di conflitto che escludeva la pietà e rendeva fatale qualunque violenza, anche la più atroce. Pure i partigiani avevano ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti, spesso infondati, o sotto la spinta di un cieco odio ideologico. Avevano provocato le rappresaglie dei tedeschi, sparando e poi fuggendo. Avevano torturato i fascisti catturati prima di sopprimerli.
"E quando si trattava di donne si sono concessi il lusso di tutte le soldataglie: lo stupro, spesso di gruppo."
E anche la Resistenza si era macchiata di orrori. Quelli che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorderà nel suo primo messaggio al Parlamento, il 16 maggio 2006, con tre parole senza scampo: «Zone d'ombra, eccessi, aberrazioni». Un'eredità pesante, tenuta nascosta per decenni da un insieme di complicità. L'opportunismo politico che imponeva di esaltare sempre e comunque la lotta partigiana. Il predominio culturale e organizzativo del Pci, regista di un'operazione al tempo stesso retorica e bugiarda. La passività degli altri partiti antifascisti, timorosi di scontrarsi con la poderosa macchina comunista, la sua propaganda, la sua energia nel replicare colpo su colpo.
Io credo nel popolo italiano.
È un popolo generoso, laborioso;
non chiede che lavoro, una casa
e di poter curare la salute dei suoi cari.
Non chiede quindi il paradiso in terra. Chiede quello che dovrebbe avere ogni popolo.
Sandro Pertini
Com'è potuto accadere che un qualunque ministro in origine un dipendente, un sottoposto che assisteva un suo superiore, da umile servitore dello Stato sia giunto e in Italia forse più che altrove,
a considerarsene un privilegiatissimo padrone?
Giovanni Soriano
E poi a Boston c'é la neve e si muore di noia; in quell'America senza gioia, sempre in vendita come una troia.
e si muore di noia
Gente dalla pelle grigia
che ti guarda senza gioia
Tutti freddi e silenziosi chiuse nella loro storia
Quell'America senza gioia,
sempre in vendita come una troia.
Ma in Italia...
La gente è più sincera,
la vita è più vera...
oh dolce Italia
In Italia è già primavera...
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ph Floriana Barbu |
Apparentemente una favoletta che racconta una storia bucolica tra una paperina che si innamora di un papavero e viceversa; la distanza fra i due viene colmata dall'amore ma poi arriva la falce del contadino che fatalmente trancia il papavero.In verità la canzone celerebbe una raffinata satira politica, partendo tra l'altro da quella definizione di "alto papavero", che è un modo di dire che risale a un episodio narrato da Tito Livio, quando Tarquinio il Superbo stava indicando al figlio il modo più rapido per conquistare Gabi, una città che sorgeva tra Roma e Preneste. Andò in giardino e troncò le teste dei papaveri, intendendo con ciò che andavano anzitutto eliminati i personaggi più in vista. Così nel motivetto sanremese la differenza di statura fra papaveri e papere segnerebbe la distanza fra una potente classe sociale, fatta appunto di papaveri ("alti, alti, alti"), e l'umiltà dei ceti popolari rappresentata dalla simpatia agreste della paperina. Per altro il papà papero vieta alla figlia di "pappare i papaveri" e le ricorda quanto sia bassa di statura ("e tu sei piccolina") e l'impossibilità di sovvertire la gerarchia ("che cosa ci vuoi far…"). Ma dalla politica ad ogni singolo aspetto della società il passo è breve: non può esserci amore tra un ricco papavero e una piccola [di ceto sociale] papera che deve stare attenta a pappare i papaveri poiché arriverà la falce [la famiglia?] che il suo alto papaverino falcerà e l'amore finirà lasciando la papera impaperata...
“Una morale decisamente rinunciataria, che predica rassegnazione a oltranza e supina accettazione del proprio stato di inferiorità sociale”.
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ph Chris Maher
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Italia, rufa lupa dei potenti il sogno...
e tutti loro la vorrebbero nuda
...e in comoda posizione:
così con Lei, dicono,
si lavora meglio...
Quando si farà l’Europa unita,
i francesi ci entreranno come francesi,
i tedeschi, come tedeschi.
E gli italiani,
come europei.
Indro Montanelli
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Aomi Muyock, “Love” (Gaspar Noé, 2015). |
[Bel Paese vs oltralpe...]
Postato da una Belga che vive in Germania...
"L'Italia è come quella tipa che ha più talento di tutti, è come quella che le altre se le mangia, perché è nata bella, più bella di tutte e le altre se le asfalta. L' Italia è come quella più ingegnosa, che ha le mani di una fata, che si inventa mille cose, perché è piena di risorse. Sa discutere di storia, di mare, di montagne, sa di cibo, di buon vino, di dialetti, di pittori, di scultori, di scrittori, di eccellenze nella scienza, non c'è niente che non sa. E quando questa tipa bella e talentuosa inciampa e cade, la platea delle sfigate esulta. È la rabbia delle poverine ingelosite, quelle al buio, perché lei è comunque bella anche quando cade a terra. Ma l'Italia è una tipa con stivale tacco 12, ovviamente made in Italy, che nessuna sa portare meglio di lei... solo il tempo di rialzarsi.”
la stessa storia del bidet... lasciate perdere... non è per voi!
E un utente del web ha commentato:
Italia, da sempre terra di stranieri abitata da italiani...
E gli italiani non sono di origine italiana. Addirittura ci sono italiani dalla pelle nera. Addirittura gli antichi inglesi avevano pelle scura... addirittura la prima umanità proviene dall'Africa... addirittura!?! La nostra cultura è appunto una cultura, non un patrimonio razziale, che può essere assorbita da chiunque e, allo stesso modo, può e deve cambiare nel tempo. L’Italia è sempre stata una variegata e multiforme eredità di popoli diversi: solamente negli ultimi decenni, grazie alla televisione, la popolazione della penisola ha iniziato a uniformarsi superando, ma solo in parte, le profonde e antichissime differenze regionali. E non parliamo solo del modo di cucinare le lasagne tra Milano e Palermo: la lingua italiana, ad esempio, parlata a sud di Bologna ha più punti in comune col Rumeno di quanti non ne abbia coi dialetti del Nord Italia, che al contrario sono più vicini al francese, tanto che i linguisti dividono la penisola in due con una isoglossa [confine linguistico] che corre da La Spezia a Rimini. Ebbene si, siamo tutti diversamente italiani. Il nostro paese è da sempre un ponte di terra al centro di un mare crocevia di culture ed eserciti che qui hanno lasciato i loro discendenti... E proprio questo ci ha reso la nazione che siamo. Esempi ce ne sono talmente tanti che non finiremmo mai di elencarli. Tra i popoli la cui cultura ha arricchito la nostra, ci sono stati, per dirne uno, gli Arabi. E la cultura araba ha fatto la grandezza del Meridione. Un Meridione Fenicio, Etrusco, Greco, Romano, Longobardo e, infine, Normanno prima dell'arrivo degli Arabi. Germanico, Francese e, infine, Spagnolo dopo la cacciata degli Arabi... La stessa Napoli, originariamente, niente altro era che una città multietnica abitata da greci, romani, sanniti, etruschi.... fino ad arrivare al secondo conflitto mondiale dove le barbare orde selvagge della democratica libertà lasciarono il loro segno con l'evidente fenomeno collettivo dei partenopei di colore... e non dimentichiamoci che l'antica Italia di nome Roma null'altro era, originariamente, che un insieme di popoli diversi e non certo autoctoni: una banda di diseredati allontanati dalle limitrofe città crearono una comunità che prosperò grazie al famoso "ratto delle Sabine". Sabini appunto, popolazione diversa da Romolo e dai suoi accoliti... Romolo stesso che, lasciato esule sul fiume Tevere, fu allattato da straniere che di mestiere facevano le prostitute alle pendici dell'Aventino. E sì, perché la Lupa, nell'antica Roma, era una prostituta, giocosa abitante dei "Lupanari", antichi postriboli... L'italianità è qualcosa in continuo divenire aperto a tutti: va difesa ad oltranza solo la tradizione, le tipicità, le unicità locali che nei secoli si sono create: solo quelle tradizioni, tipicità, unicità vanno salvaguardate, non certo l'inesistente "razza italiana": io credo nel "popolo italiano", non un popolo buono e generoso ma un popolo fatto di tanta gente buona e generosa.
Iconiche domeniche tricolori.
In compagnia della Diva Pasta...
Claudia Cardinale che ama gli spaghetti, anni '60.
La pasta è molto più di un cibo. È una bandiera. Un simbolo identitario del Belpaese. Maccaronì è stato a lungo sinonimo di Italiani. E anche se spaghetti, penne, rigatoni si mangiano in tutto il mondo e in tutte le salse, dal pomodoro al tandoori, dalla mostarda ai quattro formaggi, il loro nome resta rigorosamente italiano. Emblemi incontrastati del made in Italy alimentare, oggi bucatini, fettuccine e lasagne hanno conquistato il mondo surfeggiando sull’onda vincente della dieta mediterranea. La categoria della pasta, logo identitario del mangiare all’italiana, guardata più da vicino perde la sua unità e si polverizza in una gamma infinita di variazioni locali.
Il “Cinquino” più famoso, vale a dire la Fiat Nuova 500, nacque nel 1957.
Chi viene dall’Italia non può non notare quanto singolare sia il traffico sulle strade tedesche. Il tedesco ha dell’automobile un’idea per noi difficilmente comprensibile. Pensate che la considera un mezzo di trasporto. Naturalmente, in Italia è anche un mezzo di trasporto; ma è molte altre cose. Ad esempio, è un supporto indispensabile per l’io; è un veicolo per lo scatenamento dell’aggressività; è un passaporto per il turpiloquio; è un oggetto altamente sportivo, da usare con impetuosa, fresca litigiosità. Considerare l’automobile come un puro mezzo di trasporto è mortificante. È eccessivamente realistico. Un po’ come essere in un museo, e vedere un leone imbalsamato, o il pensieroso scheletro di un tirannosauro. Il tedesco che guida non cerca di sorpassare se non quando non può farne a meno; il tedesco sorpassato non avverte in ciò, come sarebbe ovvio, un oltraggio da lavare con un immediato risorpasso, accompagnato da gesti inequivoci, e parole che condensano una severa quanto elaborata opinione sui costumi sessuali del precedente sorpassatore e delle sue parenti o conviventi. Macché. Ho visto macchine farsi da parte per agevolare il sorpasso. Incredibile. Occasioni di litigi sprecate in modo insensato. I cartelli stradali non sono dei buffi e benevoli suggerimenti di cui tener conto come dei moniti del nonno, ma sono applicazioni stradali dei dieci comandamenti. Se non li rispettate, può capitare che vi diano la multa: i classici quaranta marchi. Non serve dire: «Siamo italiani». Incredibile, ma i vigili non si metterebbero a singhiozzare, balbettando «O sole mio», confusi e infondati accenni alla torre di Pisa e al Palazzo dei Dogi. Niente. Pagherete la multa, vi daranno la ricevuta, e in compenso non vi faranno sentire la vostra inferiorità morale. I tedeschi non usano il clacson. In tutto il viaggio, incluse alcune ore di punta ad Amburgo e Lubecca, avrò sentito quattro colpi di clacson. Forse esagero. Saranno stati tre. Mi domando, a che serve avere a disposizione un pulsante fragoroso per poi astenersene totalmente. In Italia, dal suono del clacson siamo in grado di capire quale insulto venga trasmesso; impazienza, disprezzo, irrisione, fastidio, disapprovazione, tutto serve a dare al clacson il valore di uno strumento musicale. I tedeschi, che pure sono giustamente noti per la loro vocazione musicale, non ne fanno nulla; patologico, non vi pare?
Giorgio Manganelli, L'isola pianeta e altri settentrioni
C'è un ideale assai diffuso in Italia: guadagnar molto faticando poco.
Quando questo è irrealizzabile, subentra un sottoideale: guadagnar poco faticando meno.
Giuseppe Prezzolini