Il lavoro nobilita l’uomo e arricchisce qualcun altro...

Da giovane ero povera.
Dopo 36 anni di duro lavoro,
non sono più giovane.

Ci hanno raccontato che lavorare per quattro soldi e senza alcuna tutela sia "meglio che niente". Il "meglio che niente" è l'argomento del capitalismo becero, del caporalato, dello sfruttamento, dell'odio di classe e dello schiavismo. Gli schiavi avevano però una casa ed era loro garantita la sopravvivenza; avevano anche una maggiore consapevolezza rispetto a quelli attuali in giacca e cravatta e con catene al pensiero improponibili all'antico servaggio. L'Italia è diventata un Paese servaggio, produce schiavi piuttosto che uomini liberi, tano indifferenti alla mutilazione dei diritti quanto feroci l'uno con l'altro.



[Nessuno ha l'audacia di esclamare "non voglio fare nulla".]
Da quando la società si è costituita, coloro che hanno voluto sottrarvisi sono stati perseguitati e scherniti. Vi si perdona tutto purché abbiate un mestiere, una qualifica sotto il vostro nome, un sigillo sul vostro nulla.
Emil Cioran

“Il capo... è dirigente di una grande industria, ha passato i sessant’anni, ogni mattina si alza alle sei, estate e inverno, alle sette è già in fabbrica dove rimane fino alle otto della sera e oltre. Anche la domenica va a lavorare, pur se lo stabilimento e gli uffici sono deserti; ma un’ora più tardi, ciò che egli considera quasi un vizio. È per eccellenza un uomo serio, ride raramente, non ride mai. D’estate si concede, ma non sempre, una settimana di vacanza nella villa sul lago. Non conosce debolezze di alcun genere, non fuma, non prende caffè, non beve alcolici, non legge romanzi. Non tollera debolezze neppure negli altri. Si crede importante. È importantissimo. Dice cose importanti. Ha amici importanti. Fa solo telefonate importanti. Anche i suoi scherzi in famiglia sono molto importanti. Si crede indispensabile. È indispensabile. 
I funerali seguiranno domani alle ore 14.30, partendo dall’abitazione dell’estinto”.
Dino Buzzati, “Le notti difficili”

Ho fatto il mestiere più antico del mondo. Non la prostituta, ma l’equivalente maschile, l’operaio, che vende il suo corpo da forza lavoro.
Erri De Luca

"Otto ore a lavoro; otto ore per riposare; otto ore per tutto il resto".
Questo era ciò che migliaia di lavoratori delle fabbriche statunitensi volevano ottenere quando, il primo maggio 1886, iniziarono uno sciopero in tutte le fabbriche di Chicago.

[Questa cosa che la mattina ci si debba alzare io non la supererò mai.]
Il lavoro consiste nella qualsiasi cosa una persona sia costretta a fare, mentre il divertimento consiste in qualunque cosa quella stessa persona non sia affatto costretta a fare.
Tom Sawyer

Si aspira ad avere un lavoro, per avere il diritto di riposarsi.
Cesare Pavese

Una delle tante vittorie della parità dei diritti è che adesso ci sono milioni di donne che, proprio come gli uomini, vanno a lavorare e rincasano la sera con la faccia sderenata e le occhiaie che arrivano sul cruscotto dell’utilitaria acquistata a rate... per andare a lavorare!

La società tutta controllata economicamente e tutta libera spiritualmente, è una contraddizione.
Cesare Pavese

Il cieco sviluppo della tecnica rafforza l'oppressione sociale, e ad ogni passo lo sfruttamento minaccia di trasformare il progresso nel suo contrario, la barbarie completa.
***
La storia dello sforzo dell'uomo per soggiogare la natura è anche la storia del soggiogamento dell'uomo da parte dell'uomo.
Max Horkheimer, Eclisse della ragione

Lavoratori stravolti di fatica, scusanti per le unghie ombrate di grasso o le mani bianche di calce... le mani colorate dal lavoro sono sempre pulite, le mani sporche sono altre.

Per l'ennesima volta, con ancora maggiore violenza, si ripropone oggi il ricatto che contrappone salute e lavoro. Gli oppressi devono ancora una volta scegliere se morire di malattia o di fame. Abbiamo già visto in questo paese, e non solo, il frutto avvelenato che si porta appresso questo ragionamento. Lo abbiamo visto nei bambini malati di cancro a Taranto, in intere famiglie spazzate via dal mesotelioma a Casale, tra i lavoratori dell’IPCA di Cirié uccisi dai tumori alla vescica.
Le esigenze sanitarie e quelle lavorative sono contrapposte solo in un sistema economico nel quale i vergognosi privilegi di poche persone vengono prima degli interessi collettivi. Un sistema che, per stare in piedi, ben prima del controllo repressivo ha bisogno di riprodurre un’ideologia dominante, il cui scopo centrale è quello di giustificare aberrazioni, violenze e sfruttamento che ogni giorno abbiamo davanti agli occhi. Basti pensare a come gli schiavisti descrivevano la loro opera: quella del buon padre che provvede al sostentamento di esseri inferiori che, se lasciati liberi dal giogo padronale, avrebbero vissuto nel peccato, nella sporcizia, nella bestialità. Oppure ai padroni della Rivoluzione Industriale che sostenevano la necessità di far lavorare i bambini più piccoli, anche se meno produttivi, come atto di beneficienza verso le loro povere famiglie. Oggi avviene lo stesso. Come sarebbe possibile, altrimenti, accettare che si mettano sui due piatti della bilancia la salute e la pancia di un bambino e si costringano le persone a scegliere tra la prima e la seconda?
Lo si può fare perché si sono convinte le persone che non ci sia alternativa a questo modello sociale, economico e politico. Un modello di cui si parla come se fosse una sorta di immanente creazione divina impossibile da modificare, invece che il prodotto delle decisioni di una parte elitaria e minoritaria dell’umanità. Un modello che, come tanti altri nella storia, può e deve essere superato: come si può convivere con una realtà nella quale le uniche alternative paventate sono il Covid o la povertà, nel quale la vita e le scelte di miliardi di persone sono nelle mani di pochi profittatori? Gli stessi soggetti che in prima persona, o attraverso scribacchini di corte, parlano di salute dal letto caldo di una clinica privata e di fame mentre tracannano ostriche e champagne. Solo rifiutando categoricamente l’ideologia dei gruppi dominanti gli oppressi hanno migliorato le loro condizioni materiali e morali nel corso della storia: le prime catene sono sempre quelle culturali.
Oggi possiamo scrollarcele di dosso dicendo a gran voce che vogliamo al tempo stesso salute e reddito, ma soprattutto che costruiremo un’altra società basata sulla cooperazione tra gli individui, sulla solidarietà, sulla partecipazione di tutti alla vita politica, sulla fine dei privilegi.
Che vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza.

lutto del lavoro e festa del telelavoro e delle nuove schiavitù.
Ciò che per i dominanti è bene, per i dominati è male...
e il telelavoro non sfugge a questa inesorabile e implacabile logica.

Quale è il lavoro dei tuoi sogni?
Nei miei sogni non lavoro.

A chi il lavoro lo ha perso a causa della pandemia...
A chi un lavoro non lo trova,
a chi ama il proprio lavoro e lotta per non perderlo.
Alle donne che ai colloqui domandano “ma lei lo vuole un figlio?”,
ai lavoratori in nero,
ai licenziati senza giusta causa,
ai precari,
a chi lavora 8 ore al giorno per cifre irrisorie, ma il mutuo deve pur pagarlo.
Ai morti sul lavoro.
Ai diritti negati,
alla dignità.


"Lavorare meno, lavorare tutti" 
è un vecchio slogan della sinistra radicale italiana in voga soprattutto tra la fine degli anni Novanta e i primi del Duemila. Un'idea affascinante che però è stata archiviata e chiusa in un cassetto, bollata come utopistica e di difficile applicazione...
 Non la pensano però così in Finlandia dove la Premier Sanna Marin, la più giovane leader di un governo del mondo, ha proposto di ridurre l’orario di lavoro a quattro giorni settimanali, ciascuno di 6 ore: “Una settimana lavorativa di quattro giorni, di sei ore ciascuno, con lo stesso stipendio. Le persone meritano di trascorrere più tempo con le loro famiglie, con i propri cari, dedicandosi agli hobby e altri aspetti della vita, come la cultura”.




[A hungry man is an angry man.]
Un uomo affamato è un uomo arrabbiato
Proverbio inglese

Il lavoro è la maledizione delle classi alcolizzate.
Oscar Wilde

Risultati immagini per surf gif
questo il sistema ci dice...


E cosa potrebbe far sentire persino il disoccupato comunque fortunato se non il fatto che vi sia qualcuno, da qualche parte, che muore di fame e sete?


La chiave del successo è sentire che il tuo ‘lavoro’ è un ‘gioco.’ Tu non lavori per ‘guadagnarti da vivere’, o per riempire il tuo tempo, o perché la società, la tua famiglia o i tuoi genitori si aspettano che tu lo faccia. Tu lavori perché è il miglior gioco che ci sia, l’unico nel quale puoi venire pagato per fare ciò che è divertente.
Michael Korda



Loro parlano della dignità del lavoro.
Balle. La dignità è nel tempo libero.
Herman Melville

L’operaio solo fuori dal lavoro si sente presso di sé;
nel lavoro, si sente fuori di sé.
frame by Karl Marx

Coltivare l'ozio?
La mia non è pigrizia...
 è proprio voglia di non fare un “bip”...

Quell'otium latino che indicava il tempo libero, il riposo o la vita privata?
Chi si impelagava nell'opposto, nel "negotium", era destinato a naufragare in un mare di turbamenti, mentre il saggio, grazie alla sua vita ritirata, restava al sicuro sulla riva e osservava gli altri affannarsi...

E alloara che dire de "La cicala e la formica" quella famosissima favola scritta dal greco Esopo?

Il lavoro è il rifugio di coloro che non hanno nulla di meglio da fare.
Oscar Wilde


[ Oggigiorno la carestia è un’istituzione.]
Da un’analisi delll'antropologo statunitense Marshall Shalins emerge che l’economia dei primitivi non risulta come un’economia della miseria, ma al contrario le società primitive sono le prime vere società dell’abbondanza. È la società occidentale contemporanea quella delle carestie e della povertà diffusa su larga scala; da un terzo a metà dell’umanità, si dice, si corica ogni sera affamata. Nella vecchia Età della pietra, la percentuale deve essere stata molto inferiore. La nostra è l’epoca della fame senza precedenti. Oggigiorno, nell’era delle massime conquiste tecniche, la carestia è un’istituzione.

La storia della modernità è la storia dell’imposizione del lavoro che ha lasciato sull’intero pianeta una lunga scia di desolazione e di orrori. Infatti la richiesta di sprecare la maggior parte dell’energia vitale per un fine tautologico, deciso da altri, non è mai stata interiorizzata tanto quanto lo è ai giorni nostri. Ci sono voluti diversi secoli di violenza aperta su larga scala per far entrare, letteralmente a forza di torture, gli uomini al servizio incondizionato dell’idolo “lavoro”. Guerre, conquiste e schiavitù hanno avuto un ruolo centrale nel trasformare le economie umane in economie di mercato.
David Graeber, "Il debito. I primi 5000 anni".

Non per se stessa la maggior parte degli uomini “guadagna soldi”, ma per lo Stato militarizzato e per le sue armi da fuoco, per la sua logistica e per la sua burocrazia. Così, e non diversamente, è venuto al mondo l’assurdo fine in sé della valorizzazione del capitale, e quindi del lavoro. Con la formazione degli stati moderni gli amministratori del capitalismo finanziario cominciarono a far diventare gli esseri umani la materia prima di una macchina sociale che era necessaria per trasformare lavoro in denaro. Il modus vivendi delle popolazioni delle società senza Stato fu distrutto; non perché queste popolazioni si fossero spontaneamente e autonomamente “sviluppate” come ci vogliono far credere, ma perché dovevano servire da materiale umano per far funzionare la macchina della valorizzazione ormai messa in moto. Gli uomini furono scacciati con la forza delle armi dai loro campi, per far posto alle greggi per i lanifici. Antichi diritti, come quello di cacciare, pescare e raccogliere legna nei boschi, o quello dei terreni comuni furono aboliti
Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro.

È opportuno sfatare il mito che nelle “società primitive” vige un’economia di sussistenza che a fatica riesce ad assicurare il minimo necessario per garantire la sopravvivenza della società. Troppo spesso si parla in testi accademici di una fantomatica economia di sopravvivenza che impedisce un accumulo di scorte tali da garantire, anche solo a breve termine, la sopravvivenza del gruppo, un’immagine di un fantomatico “selvaggio” come un uomo sopraffatto e dominato dalla natura, minacciato dalla carestia e perennemente dominato dall’angoscia di procurare a sé e ai propri figli i mezzi per sopravvivere. A partire dai lavori sul campo che studiano gli australiani aborigeni della terra di Arnhem e i Boscimani del Kalahari, Marshall Sahlins nel suo L’economia dell’età della pietra, procede a una rigorosa quantificazione dei tempi di lavoro nelle società primitive. Ne emerge che lontano dal trascorrere le loro giornate in una febbrile attività di raccolta e caccia, questi “selvaggi” dedicano mediamente alla produzione di cibo non più di cinque ore al giorno, il più delle volte non più di tre o quattro. Una produzione interrotta da frequenti riposi, in cui il tempo lavorativo quotidiano non coinvolge quasi mai la totalità del gruppo e dove l’apporto di bambini e giovani all’attività economica è quasi nullo.

Gli studi etnologici e le ricerche sul campo condotte da decine di antropologi nel XX secolo su cacciatori e raccoglitori, specialmente quelli che vivono in ambienti marginali, indicano una media di tre-cinque ore giornaliere di produzione alimentare per lavoratore adulto. I cacciatori si attengono a un orario di lavoro notevolmente inferiore a quello dei moderni lavoratori dell’industria (sindacalizzati), che sarebbero ben felici di una settimana lavorativa di ventuno-trentacinque ore. Tra gli Hanunoo delle Filippine, ad esempio, le donne e gli uomini dedicano in media 1.200 ore annue alla coltura itinerante, cioè una media di tre ore e venti minuti al giorno.
Le società primitive sono le prime vere società dell’abbondanza. È la nostra società occidentale contemporanea quella delle carestie e della povertà diffusa su larga scala...

Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita.
Confucio

Il lavoro nobilita l’uomo e arricchisce qualcun altro.
Michelangelo Cammarata

Una persona che lavora dovrebbe avere anche il tempo per ritemprarsi, stare con la famiglia, divertirsi, leggere, ascoltare musica, praticare uno sport. Quando un’attività non lascia spazio a uno svago salutare, a un riposo riparatore, allora diventa una schiavitù.
Papa Jorge Bergoglio


È vero o no
che il lavoro dà dignità?
È così che ci spiega
il proverbio che mai sbaglia.
È vero o no
che di questo, tutta la verità,
è che solo per dignità
nel mondo, nessuno lavora?

È bene avere il denaro e le cose che il denaro può comprare, ma è bene anche, ogni tanto, controllare ed essere sicuri di non aver perso le cose che il denaro non può comprare.
George Horace Lorimer

[Per chi ha successo, il successo "non cambia nulla".]
della serie "il denaro non fa la felicità"

Apprezza il denaro, signora Gréco?
Sì, no, non so. Se lo apprezzassi ne avrei probabilmente di più: è indiscutibile infatti che non mi ha per niente cambiata. Un giorno Christian Bérard, il pittore, disegnò per me un paio di pantaloni scozzesi. In fondo ai pantaloni c'era una balza. "E questa cos'è?" domandai. "E' visone" rispose. "E il visone cos'è?", "Lo saprai presto" rispose. "E quando lo saprò?", "Cambierai" rispose. Invece no. Anche economicamente vivo come prima: con la sola differenza che prima facevo ai miei amici regali da mille franchi e ora da centomila. Non cambia nulla. Prima, per comprare un vestito, andavo alle Galeries Lafayette: ora vado da Chanel. Non cambia nulla. Prima non mi lavavo né mi tagliavo i capelli: ora spendo diecimila franchi per uno shampoo. Non cambia nulla. Queste cose oltretutto le faccio non perché mi divertano ma perché ci sono obbligata: una cortesia verso il pubblico...
dall'intervista di Oriana Fallaci alla cantante Juliette Gréco

[ Primo maggio ]
Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. 
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (Articolo 23), 1948
... e davanti a questo concetto ci si pone generalmente in maniera entusiastica: il lavoro non viene più nemmeno dipinto come una triste necessità ma come un valore, un obiettivo, un punto di arrivo, motivo di realizzazione e addirittura chi non lavora “è bene che resti ai margini di questa società”.
Ma in molti pensano che il lavoro sia semplicemente una forzatura per la propria sopravvivenza: forzati ad accettare di ripetere per più ore al giorno operazioni che non piacciono o che sono nocive per la salute; in luoghi che non piacciono o che sono addirittura insalubri; con persone che non ci piacciono o che addirittura danneggiano il proprio equilibrio emotivo e psicologico; e si resta immersi in contesti dove persistono competizione, gerarchia e controllo circondati da un’esplosione di casi di mobbing e di burnout. E chiunque contesti il paradigma "il lavoro nobilita l'uomo" e intenda vivere al di fuori di questo schema, subisce una violentissima pressione sociale che arriva sino alla derisione e alla perdita di credibilità.
Risulta evidente un intervento culturale profondo che ha mascherato il concetto di schiavitù salariale fornendone una versione falsata, più accettabile, senza la quale oggi l’essere umano non potrebbe comportarsi come un criceto mansueto che non sa nemmeno più cosa sia essere un criceto ma è solo felice di correre sulla ruota per dare energia alla macchina produttivista ed è persino grato quando, in cambio di una vita in schiavitù, gli viene riempita la vaschetta di semini attaccata alla gabbia.
da "Autopsia dell'Essere Umano"

Perché io scrivo? Confesso di non saperlo, di non averne la minima idea e anche che la domanda è insieme buffa e sconvolgente. Come domanda buffa, avrà certamente delle risposte buffe: ad esempio, che scrivo perché non so fare altro; o perché sono troppo disonesto per mettermi a lavorare. Rammento G.B. Shaw: «Troppo stanco per lavorare, scrivevo libri». Scrivere è certamente un modo astuto per evitare di ‘fare’; intorno a me la gente si preoccupa di vivere, ha famiglia, percepisce stipendi, si ammala e muore. Oh, anch’io percepisco stipendi, ma si può chiamare stipendio quanto si ottiene in cambio di ‘scrivere’? Via, non diciamo sciocchezze. Probabilmente scrivere è il modo di frodare che tiene chi è nato ladruncolo o truffatore, ma non ha abbastanza coraggio per delinquere su grande scala.

Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere


Commenti

Post popolari in questo blog

L'ovviamente ovvio dell'ovvietà...

Sottolineo, ricopio, estraggo e porto via!