Amor, ch'a nullo amato amar perdona...

Amore [...] 
ma nella realtà non vi è che l'istinto sessuale.
Carlo Maria Franzero


*Maremma maiala se me la farei di brutto la Beatrice...
*Ma sommo poeta... la volgarità!

*Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi, ancor non m’abbandona.



Si fa presto a dire amore.
Chiedetelo a Dumuzi se si è sentito più «amato» o più «ucciso» dalla dea Inanna.

Bisogna andarci piano con le parole perché l’«amore» di cui qui si narra, è quello che strappa, quello che spezza, quello che distrugge l’«amato». È l’amore prima dei menestrelli e dei cantastorie. È l’amore prima della poesia. È l’amore prima della parola. È il desiderio che, quando incontra la parola, l’assoggetta a dire desiderio... 
Inanna è la Natura che irrompe nella parola. È la Venere venefica che, i suoi amanti, li intossica. È la libidine distruttiva che, i suoi giocattoli, li immola al gioco del piacere e della morte. 

Quale mortale seppe mai il perché di un violento amore?
Tu potrai trovare la causa di tutto, nel mondo, ma non la causa di una passione.
Liala

[poiché l'istino alla riproduzione questo ci fa fare...]
Fra tutti i modi di produzione dell'amore, fra tutti gli agenti disseminatori del male sacro, certamente uno dei più efficaci è questo gran soffio di agitazione che a volte passa su di noi. [...] un bisogno ansioso, che ha per oggetto (quell'essere), un bisogno assurdo, che le leggi di questo mondo rendono impossibile da soddisfare e difficile da guarire, il bisogno insensato e doloroso di possederlo.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto


Che cosa può l'educazione contro la violenza degli istinti?
Che cosa può il pregiudizio del pudore contro la volontà irresistibile della natura?
Guy de Maupassant


L’amore non si degna di spiegarsi.
Comanda, tormenta.
Paul Valéry

E i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna.

Edgar Allan Poe

[ il fascino del proibito ]
Fondamento del tabù è un’azione proibita verso la quale esiste nell’inconscio una forte inclinazione.
Sigmund Freud

[ l'amante si aggira per una strada priva di sbocchi ]
Sesto Properzio, I secolo a.C.

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Sansone...
[ca 1090*1050 a.C.]
tanto invincibile verso gli uomini quanto debole verso l'amore di una donna...
ingenuo gigante... 
con quella tragica passione amorosa per la perfida DalidaQuanto perfido può essere l'adescamento amoroso e quanto tragico il lasciarsi tentare? La storia biblica di Sansone e Dalida, una vicenda di seduzione e inganno, è di un'attualità sconcertante... questo racconto esalta la seduzione amorosa, tanto decantata ai giorni nostri.  L'arte della seduzione solletica una delle aspirazioni più originali del cuore umano: la voglia di dominare e conquistare gli altri. Dalida, mettendo in atto la sua sottile arte erotica, con impareggiabile astuzia e tenacia fa, alla fine, cedere Sansone alle sue lusinghe e lui le apre tutto il suo cuore. 
Immagine correlataIl raggiro di Dalila alla fine ha la meglio sull'ingenuità di Sansone... sull'ingenuità dell'essere umano... sull'atavico desiderio di sentirsi amati. Non che sia del tutto da censurare questa istintiva aspirazione di far breccia nel cuore dell'altro: essa può aiutarci a far fronte al nostro egoismo che finirebbe per rinchiuderci nella solitudine del nostro cuore. 
Immagine correlata
Ma la conquista del cuore altrui ad ogni costo può anche diventare l'espressione più eloquente del nostro desiderio egoistico di dominare e legare l'altro fin nel suo intimo. Con la seduzione si può ingenuamente pensare di giocare... ma di essa ci si può anche perfidamente servire con doppiezza. Lo si è sempre fatto, fin dai tempi biblici; però con una grande differenza, rispetto ad oggi: non la si spacciava per vero amore!

[prima metà del X secolo a.C.]
A quel tempo  il titolo di morte 
per il valoroso Uria "l'Ittita" 
aveva nome "Betsabea"
donna bellissima, moglie di Uria, che fu notata da Re Davide mentre faceva il bagno. 
Dopo averla sedotta e messa incinta, re Davide richiamò Uria dall'assedio di Amman (Giordania) con una scusa, perché questi passasse la notte con la moglie e potesse riconoscere il figlio come suo. Uria, però, non usc
ì dal palazzo poiché riteneva indegno godere degli agi della sua casa e di sua moglie. 
Questa lealtà, mantenuta anche la notte successiva, nonostante Davide tentasse di ubriacarlo, costò cara al povero Uria.  Infatti il giorno successivo Uria ritornò all'esercito portando un messaggio sigillato per Ioab, comandante in capo dell'esercito, che gli ordinava di mettere Uria in prima fila in una ricognizione sotto le mura, e di fare in modo che questi cadesse vittima della prevedibile sortita degli assediati.  Il piano funzionò a perfezione, Uria cadde  e Davide poté sposare Betsabea.
Uria (il valoroso ittita) pagò un conto salatissimo: tradito dalla moglie Betsabea 
che si concesse al proprio re... raggirato dall'amico Davide che entrò nel letto di sua moglie... condannato a morte dal re Davide poiché d'intralcio al libero sfogo della sua lussuria... 
Betsabea fu la madre del re Salomone...


E ci vollero quindici secoli affinché un valoroso si vendicasse delle malefatte dei regnanti e rubò l'amore e il corpo di una regina al suo re...
Grazie a Lancillotto, valoroso Cavaliere della Tavola Rotonda e intimo amico del suo re Artù...

drawing by La Stella di Cavez

grazie al sudato amore galeotto con la sua regina Ginevra
Uria l'Ittita fu vendicato!!!
 
E poi la passione amorosa fra il chierico Abelardo 

1092*1164


C’era una volta una nobile fanciulla di Polenta famiglia… 
1259*1283
potremmo iniziare così il nostro racconto, ma non è una favola, bensì una storia vera e drammatica.



Amorch'a nullo amato amar perdona... mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Immagine correlataInfinitamente esistette Beatrice per Dante. Dante pochissimo, forse nulla per Beatrice; tutti noi propendiamo per pietà, per venerazione, a dimenticare questa compassionevole discordia indimenticabile per Dante. Leggo e rileggo i casi del suo illusorio incontro e penso a due amanti che l'Alighieri sognò nell'uragano del secondo cerchio e che sono emblemi oscuri, anche se egli non lo comprese o non lo volle, di quella felicità che non ottenne. Penso a Francesca e Paolo, uniti per sempre nel suo Inferno (“Questi, che mai da me non fia diviso,…). Con spaventoso amore, con ansia, con ammirazione, con invidia.
Jorge Luis Borges, da L’incontro di un sogno, estratto, da “Saggi danteschi”

Immagine correlata... tra le colline di Gradara dove si consumò la travolgente passione tra Paolo e Francesca in mezzo a quei sudati scritti che narravano dell'amore galeotto fra Ginevra e Lancillotto...


Paolo e Francesca sono due personaggi realmente esistiti e non figure romantiche come Giulietta e Romeo nate dalla geniale fantasia di Shakespeare. 

Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna e Cervia “…siede la terra dove nata fui, sulla marina dove ‘l Po discende…..” e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza, sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile. Siamo nel 1275 e Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto Johannes Zoctus – Giovanni zoppo) che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Il capostipite, Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio o il Centenario, concorda ed il matrimonio è combinato. Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l’inganno. Mandarono a Ravenna Paolo il Bello “piacevole uomo e costumato molto”, fratello di Giangiotto. Francesca accettò con gioia ed il giorno delle nozze, senza dubbio alcuno, pronunciò felice il suo “sì” senza sapere che Paolo la sposava “artificiosamente” per procura ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. “…non s’avvide prima dell’inganno, che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sè Giangiotto…” 
Pensate alla sua disperazione! Ma ben presto si rassegnò, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera, e cercava di allietare come poteva le sue tristi giornate. Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, sovente faceva visita alla cognata e forse si rammaricava di essersi prestato all’inganno! Uno dei fratelli, Malatestino dell’Occhio, così chiamato perché aveva un occhio solo “ma da quell’uno vedeva fin troppo bene”, spiando, s’accorse degli incontri segreti tra Paolo e Francesca. Ed eccoci all’epilogo della nostra storia: un giorno del settembre 1289, Paolo passò per una delle sue solite visite e qualcuno (forse Malatestino “quel traditor”) avvisò Giangiotto. Quest’ultimo che ogni mattina partiva per Pesaro ad espletare la sua carica di Podestà, che per maggior equanimità non doveva avere appresso la famiglia, per far ritorno a tarda sera, finse di partire ma rientrò da un passaggio segreto e… mentre leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, “come amor li strinse” si diedero un casto bacio (questo è quello che Dante fa dire a Francesca!) proprio in quell’istante Giangiotto aprì la porta e li sorprese.  Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma, si dice, che il vestito gli si impigliasse in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo ma… Giangiotto li finì entrambi. Dante mette gli sventurati amanti all’inferno perché macchiati di un peccato gravissimo, ma li fa vagare assieme: oltre la pena, che non abbiano anche quella della solitudine eterna.


Laura Lanza di Trabia
 più nota come la baronessa di Carini
1529*1563





Di lei si narra che, divenuta signora di Bracciano, si circondasse di amanti di una sola notte... 
e per loro non ci sarebbe più stato un solo nuovo giorno
ma questa sarebbe solo una leggenda.L'immagine può contenere: 1 persona, incendio..

E la leggenda narra che Isabella de' Medici, figlia prediletta di Cosimo I,  fosse una seduttrice di ineguagliabile bellezza, una donna dall'aspetto sublime ma dall'animo nero. Ogni qualvolta il marito Paolo Giordano Orsini si assentava per guerre o per ragioni di stato, la sua carrozza correva al Castello Odescalchi di Bracciano, dove, nella Camera Rossa, riceveva i suoi numerosi amanti. Dopo una notte di passione, li faceva accomodare in una stanza adiacente, nella cui oscurità i poveri uomini finivano vittime di un trabocchetto: cadevano in un pozzo a rasoio e i loro corpi sparivano nella calce viva, dissolvendosi per sempre. Tuttavia, uno soltanto possedeva il suo cuore: Troilo Orsini, il cugino dell'ignaro marito. 
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Tra i due nacque una relazione clandestina, fino a quando, schiacciato dal peso dei sospetti, Paolo Giordano si finse un prete confessore e, nella cappella privata della famiglia, presso la Villa Medicea di Cerreto Guidi, ascoltò la verità direttamente dalla bocca della moglie. Quella sera stessa la raggiunse nella sua camera; poi, congedata la servitù, la strangolò con un nastro rosso.
Fu così che morì una delle donne più sanguinarie e lussuriose che la storia ricordi.
Ma, come è stato già detto, questa sarebbe solo una leggenda...



Erotico medievale...
E poi quei due autentici racconti medievali, la prima e la seconda storia della terza giornata del Decamerone di Boccaccio .
La prima storia parla di Masetto, un bel giovane che si spaccia per sordomuto per poter lavorare in un monastero di 8 monache infelici e poco spirituali. Poiché pensano che non possa parlare, le suore decidono di esplorare con lui i piaceri della carne, cosa che lui è fin troppo disposto a permettere.
 Così diventa il loro stallone, servendo le suore (inclusa la madre superiora) così frequentemente da essere esausto. Alla fine crolla e chiede alle suore di dargli un programma prestabilito, che loro accettano perché non vogliono perderlo o rischiare che riveli il loro segreto. Quindi vive lì per il resto della sua vita, mantenendo felici le suore e generando molti figli.
Per noi moderni "Le Piccole Ore" è divertente perché ci risulta assurdo, ma per gli italiani del XIV secolo la storia di Boccaccio è divertente perché è vera. I casi di suore fuggitive abbondano e la fornicazione era un problema regolare, come dimostrano chiaramente sia gli eventi reali che i racconti moralistici. Anche il lesbismo nel film può essere documentato in fonti d'epoca.
Il film cattura in gran parte lo spirito e gran parte della sostanza delle farse medievali, che spesso sono oscene almeno quanto alcune commedie moderne. Peraltro il film minimizza ed evita alcuni elementi della farsa medievale che spesso è molto più violenta, scatologica e misogina rispetto ai suoi discendenti moderni. Nel film Masetto va a letto solo con due suore per un totale di tre volte, mentre nell'originale ogni suora della casa fa a modo suo senza sosta. Quindi, mentre il pubblico moderno potrebbe presumere che il film stia esagerando, l'umorismo medievale in realtà lo sta minimizzando un po'. Nonostante la sua commedia, che sfrutta al meglio il contrasto tra l'ambientazione medievale e i personaggi dalla mentalità contemporanea, il film ha in realtà molto da dire sull'Italia del XIV secolo. Per il pubblico moderno, la commedia è semplicemente il contrasto tra suore apparentemente pie che fanno cose come imprecare alle stregua di marinai, minacciare di aggredire le persone e fornicare. Gli autori del tardo medioevo sospettavano che le suore effettivamente lo facessero e amavano prendere in giro il clero affatto spirituale. Le tre giovani suore non sono in convento perché sentono una chiamata alla vita spirituale, ma perché le loro famiglie le hanno messe lì e praticamente nessuna delle donne del convento segue effettivamente le regole. Questi personaggi suonano veri perché è così che molte giovani donne finiscono effettivamente come suore. La storia è fatta per ridere, ma sono certo che più di poche giovani donne abbiano vissuto tragicamente esattamente quella storia.
Generalmente si pensa al Medioevo come a una delle epoche di maggiore castità e costumi repressi. Niente di più falso, infatti il Medioevo mistico e innamorato della Vergine Maria, tutto onore e gelosia, nel quale circolavano cinture di castità à go-go è un vero errore storico. Vero è che era forte la suggestione per l’amore mistico e spirituale e con esso il culto della donna angelicata, ma c’era anche ben altro, qualcosa di completamente opposto.
Il Medioevo pullula di forme di esempi di amore fisico anche molto “spinto”, anzi alcune volte si supererebbe il limite dell'erotismo per entrare nella pornografia.



È il caso del celebre testo “Roman de la Rose”, poema allegorico composto a Parigi nel 1370, che era abbellito da tante preziose miniature. In una di queste "Due Monache raccolgono peni da un albero". Ecco un chiaro esempio di erotismo medievale. In questa famosa miniatura due monache raccolgono i frutti dell’albero dei … falli.
Una copia del testo del 1370 è conservata alla Bibliothèque Nationale de France, a Parigi.
Le miniature furono eseguite da Jeanne, moglie del copista Richard de Montbaston, nel loro atelier di Parigi.




E poi quei "Fabliaux"... poemetti in rima baciata tipici del medioevo francese lunghi poche centinaia di versi, e di contenuto prevalentemente erotico, se non apertamente osceno: un lato giocoso e godereccio del Medioevo, solitamente dipinto come epoca oscura e lontana da ogni idea di piacere e voluttà. Materiale che nelle mani del Magister Alessandro Barbero, con la sua proverbiale ironia, è divenuto un libro unico, ricco di anedotti, racconti scanzonati e con un titolo dirompente:



1575*1650 
divenuta Suor Virginia Maria meglio nota come la Monaca di Monza religiosa italiana, protagonista di un famoso scandalo  che sconvolse Monza agli inizi del XVII secolo.


Sesso, omicidi, sparizioni.
 

Suor Virginia Maria di Leyva  era figlia di Martino di Leyva, il cui padre era il primo governatore spagnolo di Milano e feudatario di Monza. Marianna a tredici anni fu costretta dal padre, che voleva trasmettere intatto il patrimonio al figlio maschio, a entrare come novizia in un monastero: a sedici anni Marianna pronunciò i voti e scelse di chiamarsi suor Virginia Maria. Tra il 1598 e il 1608 intrattenne una relazione con il conte Gian Paolo Osio. Da questa relazione nacquero due bambini, un maschio nato morto e una bambina, Alma Francesca Margherita, che il conte Osio riconobbe e affidò alla nonna paterna. Durante gli anni in cui furono amanti, diverse persone vennero a conoscenza della loro situazione. Immagine correlataEssa precipitò nel 1606, quando una conversa, Caterina Cassini da Meda, scoprì il fatto e iniziò a ricattarli. Gian Paolo Osio la uccise e, con la complicità di suor Virginia e altre due suore, anch’esse coinvolte attivamente nella tresca, ne occultò il cadavere.
 Fecero poi in modo che tutti credessero che fosse fuggita dal convento... scoperti, suor Virginia fu condannata, per la relazione sacrilega, a essere murata viva in una cella del convento (era il 1608). Trascorse così tredici anni, poi per volere del cardinale Borromeo venne liberata e passò il resto della sua esistenza in penitenza.


Il primo incontro si concluse con lo stupro di suor Virginia. Ma nonostante la violenza e i grandi sensi di colpa la suora era divorata dalla passione e gli incontri si facevano sempre più frequenti. Agli incontri pare che partecipassero anche due converse, Ottavia e Candida, pure loro soggiogate da Gian Paolo. Anche se lui le considerava “femmine di sfogo”. Il suo vero amore era per Virginia...


1591*1661
suora cattolica italiana lesbica, vissuta all’epoca della Controriforma.
dramma saffico in costume che diventerà un film...
Immagine correlataPrincipale fonte sulla sua vita è il testo di Judith Brown Atti impudici (pubblicato nel 1986), che ha discusso le vicende che hanno portato ad un'ampia discussione sulla sessualità, sul lesbismo e sul misticismo delle donne. All'età di trent'anni, Benedetta fu fatta badessa del convento ma poi avrebbe avuto una serie di inquietanti visioni in cui alcuni uomini cercavano di ucciderla. Temendo che suor Benedetta venisse molestata da entità demoniache, le altre sorelle consigliarono a suor Bartolomea di vivere nella sua cella... fino a quando non venne a galla che Benedetta e Bartolemea erano amanti. Fu Bartolomea a confessare: secondo quest'ultima, suor Benedetta avrebbe fatto l'amore con lei e durante l'amplesso entrambe avrebbero provato le esperienze mistiche che Benedetta Carlini aveva descritto.
Immagine correlataUna storia declinata al femminile, sullo sfondo di un Belpaese antico e avvolto nel mistero.
Vicende ambientate nel XVII secolo in Italia, con la suora  Benedetta Carlini che dichiara di avere delle visioni profetiche e perfino le stigmate, ferite dolorose correlate alla crocefissione di Cristo. Questi aspetti la aiutano a compiere una sorta di rapida scalata all’interno della gerarchia ecclesiastica. Ma non passa troppo tempo che il Vaticano classifichi le sue ferite come una frode...
Benedetta ha una compagna che la assiste mentre compie la sua scalata nella vita sociale, diventando un personaggio pubblico ingombrante; le due scivolano in una relazione saffica con il passare del tempo.


Mariana Alcoforado
1640*1723

un'opera di autore anonimo pubblicata per la prima volta a Parigi nel 1669 nella forma di romanzo epistolare. Fin dalla loro comparsa, le lettere, scritte in toni appassionati inusuali per l'epoca con uno stile a tratti sconnesso e pertanto verosimile e "moderno", ottennero subito un enorme successo, in parte anche perché ritenute autentiche, per la descrizione di una passione proibita e sacrilega e furono uno dei casi più controversi della letteratura francese...
L'opera consta della raccolta di cinque lettere scritte da Mariana, una religiosa portoghese
, al suo amante, un ufficiale francese, ormai distante e indifferente. 
Cinque lettere scritte da Mariana, una monaca portoghese del XVII secolo e indirizzate al suo amante, un ufficiale francese ormai distante e indifferente che prima l'ha sedotta e amata e poi abbandonata. Cinque lettere brevi ma intense in cui la giovane religiosa riversa tutta la sua disperazione per un amore finito male. Un amore che le ha fatto conoscere i piaceri della carne e il profumo della felicità ma che le ha fatto anche assaggiare il sapore amaro della delusione, improvvisa e inaspettata. Terminata la lettura ti chiedi chi altri, in letteratura, sia riuscito ad esprimere in maniera così struggente, profonda e analitica le tribolazioni di un cuore infranto, ma non trovi risposta.


E poi quel mistero da Manfredonia: una storia ancora oggi avvolta in una fitta tela di intrighi e inganni. Il misterioso caso di Isabella Del Giudice, giovane novizia del monastero di San Benedetto trovata incinta nel settembre del 1705... per chi volesse leggere la storia completa, ampiamente documentata e dal ricercatore storico Giacomo Telera, visiti il sito  https://www.centrostudidelgargano.it/... 
La povera Isabella troverà la morte nel 1706 e il colpevole non verrà mai scoperto!

[e poi quella capinera suora...]
uno dei romanzi più importanti di Giovanni Verga
"Storia di una capinera"
Lo scrittore, per il titolo, dice di essersi ispirato a una capinera, un piccolo uccello, che una volta vide chiusa nella sua gabbia, triste e malinconica, che guardava con invidia gli altri uccelletti liberi di volare. Non avendo la forza di volontà di cercare di liberarsi, la capinera si lasciò infine morire di fame e di sete. Lo scrittore associò a questa storia quella della protagonista del suo romanzo.



 La protagonista di questa triste storia è una giovane di nome Maria, fanciulla dolce e sensibile non ben accetta dalla matrigna e costretta ad entrare in convento all'età di sette anni... diventata ragazza si innamora del giovane vicino di casa destinato, però, a sposare la sua sorellastra... ossessionata da questo amore a cui è costretta a rinunciare, distrutta e lacerata dal non poter amare liberamente, Maria muore in una cella sotterranea del suo convento destinata alle malate di mente... il testo è una polemica sulla condizione femminile: ragazze private della libertà di decidere della propria vita, donne che finiscono in convento per svariate esigenze ma senza nessuna vocazione. Con il titolo dato al romanzo Verga paragona la storia della povera Maria alla storia di una capinera che fu rinchiusa in gabbia: divenne triste perché sentiva gli altri uccellini cinguettare liberi di volare sui prati; alla fine morì, non per fame o per freddo, ma perché privata della propria libertà. Come morì Maria per essere stata rinchiusa in un convento e per essere stata privata della libertà di vivere e amare...


E a allora meglio stare fra altre mille capinere... quelle dalla bruna chioma e colla febbre in cor in quel dell'Arizona, 
luogo mentale piucché fisico...
remake di un classico risalente al 1928
Il bandolero stanco
Scende dalla sierra misteriosa
Sul suo cavallo bianco...

Laggiù nell'Arizona
Terra di sogni e di chimere
Se una chitarra suona
Cantano mille capinere!
Hanno la chioma bruna
Hanno la febbre in cuor
Chi va cercar fortuna
Li troverà l'amor...
A mezzanotte va
La ronda del piacere
E nell'oscurità
Ognuno vuol godere!
Son baci di passioni...
L'amor non sa tacere...
E questa è la canzone
Di mille capinere.




[ perché le emozioni violente tendono, per loro natura, a divampare senza freni per poi estinguersi dopo aver divorato ciò che le aveva alimentate.]


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Non vi sono casti 
[che non esistono in natura]:
solamente infermi 
[che seguono la natura]
ipocriti 

[che condannano la natura] 
maniaci 

[che abusano della natura]
pazzi 
[che hanno infelicemente contrastato la natura].
Anatole France


[ M'ingannavo.]
Un tempo, ho creduto che un certo gusto per la bellezza avrebbe surrogato per me la virtù, e avrebbe saputo immunizzarmi dalle tentazioni troppo volgari.
 M'ingannavo.

Marguerite Yourcenar, da Memorie di Adriano





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