Survivors...

Si sapeva che una pandemia sarebbe prima o poi arrivata e che ci avrebbe trattato come degli animali. Un morbo che falcia soprattutto i più deboli e che ci sorprende ogni giorno quando ci ricorda che la nostra esistenza è ancorata sulla terra ed alle sue leggi naturali. 
Un morbo che lascia sgomenti.

La pandemia Covid ci ha restituito un mondo più diseguale e soprattutto diversamente diseguale. Nuovi tipi di disuguaglianze si sono sovrapposti a quelli già esistenti, generando marcati divari di reddito. Una crisi che dall'illusione dell'abbondanza ha gettato tanti nell'economia dell'abbastanza... in che misura l’uscita dalla pandemia potrebbe riassorbire queste disuguaglianze?

Dopo tre anni e oltre si milioni di morti è terminata l'emergenza sanitaria, iniziata l'11 marzo 2020 con la dichiarazione dello stato di pandemia. E se il 5 maggio 2023 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente dichiarato la fine dell'emergenza sanitaria, Bill Gates mette in guardia il mondo sui pericoli del cambiamento climatico e per avvertire che bisogna prepararsi per la prossima pandemia, che sarà assai più brutale del Covid.

La Cina sta combattendo la peggiore ondata di Covid-19 dallo scoppio del primo focolaio di Wuhannel 2020. La città di Shanghai è in lockdown generale dallo scorso 5 aprile, dopo che era stata tentata una chiusura della città in due fasi, che però non ha funzionato. E nella grande metropoli cinese si riscontano oggi problemi logistici per l'approvvigionamento di cibo e di medicinali per i residenti. Una condizione che sta creando tensioni tra la popolazione e le autorità con testimonianze di proteste e di repressioni anche violente da parte delle autorità che trovano eco sui social media. E in rete si moltiplicano le accuse contro la politica "zero covid" voluta dal Governo guidato Xi Jinping che sta creando forti ripercussioni sociali ed economiche in tutto il Paese .

Un italiano a Shangai: 

Il vaccino cinese come efficacia vale il 40-45% di quello Pfizer ed ora ne paga le conseguenze: dopo l'emergenza in corso a Shanghai da oltre un mese col conseguente crollo in borsa e calo del prezzo del petrolio, il virus si è esteso a Pechino. Ed è scattato il panico per l'introduzione del lockdown. Nei quartieri occidentali sono stati chiusi i ristoranti, i locali e i cinema. I residenti della città hanno fatto incetta di prodotti nei supermercati.


Benché un flagello sia infatti un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai flagelli quando ci piombano addosso...
Albert Camus - La peste




Storia dal 2020... diario di una tragedia collettiva.

E siccome si fa sempre riferimento all'influenza stagionale vediamo, in questo link, i dati ufficiali degli anni passati...
Secondo il database di Istat sulle cause iniziali di morte (ossia su quelle malattie che hanno condotto al decesso), nel 2017 i morti per influenza sono stati 663, il doppio dei 316 registrati nell’anno precedente. Nel 2015 i decessi sono stati 675 e 272 nel 2014. Tra il 2007 e il 2013 i morti per influenza sono stati rispettivamente: 411, 456, 615, 267, 510, 458 e 417. Tra il 2007 e il 2017 (ultimo anno su cui abbiamo i dati), l’influenza è stata la causa iniziale di morte per un totale di 5.060 decessi, una media di 460 l’anno.

[ma è anche vero che alcuni parlano di migliaia di morti all'anno...]

Ogni anno l’influenza determina un eccesso di mortalità. Se, infatti, osserviamo l’andamento della mortalità totale (cioè per tutte le cause) in un periodo di tempo, notiamo un andamento sinusoidale con dei picchi in corrispondenza dei mesi invernali e degli avvallamenti nei periodi estivi e i picchi si osservano soprattutto tra le persone anziane. Il sistema di sorveglianza prende in considerazione il numero di decessi per tutte le cause perché i dati dei decessi per influenza non sono disponibili in tempo reale. Infatti l’Istat ogni anno codifica tutti i certificati di morte, compresa l’influenza, e ne attribuisce la causa principale, un processo che richiede per rendere disponibili i dati di mortalità per specifica causa mediamente un periodo di due anni. Il secondo sistema di sorveglianza è quello delle forme gravi e complicate di influenza confermata in laboratorio nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Questo sistema monitora il numero di decessi attribuibili all’influenza che si osservano nella popolazione di pazienti che ha un quadro clinico molto grave. Per le ragioni sopra descritte, nessuno dei due sistemi di monitoraggio fornisce il numero totale di decessi che l’influenza stagionale provoca ogni anno in Italia. Per quest’ultimo dato è inoltre necessario sottolineare un ulteriore elemento da tenere presente. Se analizziamo i dati di mortalità specifici per influenza che l’Istat fornisce ogni anno in Italia, i decessi per influenza sono qualche centinaio. Il motivo principale è che spesso il virus influenzale aggrava le condizioni già compromesse di pazienti affetti da altre patologie (per esempio respiratorie o cardiovascolari) fino a provocarne il decesso. In questi casi spesso il virus influenzale non viene identificato o perché non ricercato o perché il decesso viene attribuito a polmoniti generiche. Per questo motivo diversi studi pubblicati utilizzano differenti metodi statistici per la stima della mortalità per influenza e per le sue complicanze. È grazie a queste metodologie che si arriva ad attribuire mediamente 8000 decessi per influenza e le sue complicanze ogni anno in Italia.


e se si vogliono verificare i dati per il dovuto confronto seguire  il link  
Dove ci sono gli aggiornamenti ufficiali sui numeri in Italia che vengono diffusi dal Commissario per l'emergenza della Protezione Civile, ogni giorno alle ore 18:00.

oppure nella dashboard GEDI-Visual.

La Corea del Sud ha avuto un approccio diverso sul contenimento del coronavirus rispetto a paesi come l'Italia e la Cina...


I dati aggiornati per singolo Comune della regione Lazio



Una bestia ci ha invaso e ci terrà compagnia per un periodo non breve...

«Tutti bardati con guanti e mascherine. 
"Le nostre certezze sono crollate, Lloyd..."
"E sotto quelle macerie sono sicuro che troverà la vera forza dell'umanità, sir"
"Quella di non lasciarsi abbattere per ciò che non c'è più?"
"Quella di saper costruire ciò che ci sarà, sir"
"Speriamo passi tutto questo, Lloyd"
"Passa sempre, sir. Passa sempre"

by Vita con Lloyd

Una mappa per monitorare in tempo reale il coronavirus

«L'epidemia, come qualsiasi situazione critica, può far emergere il meglio o il peggio di noi».

“Quando l’epidemia finirà,
non è da escludere che ci sia chi non
vorrà tornare alla sua vita precedente.
La presa di coscienza della fragilità e
della caducità della vita spronerà uomini
e donne a fissare nuove priorità.
A distinguere meglio tra ciò che è
importante e ciò che è futile.
A capire che il tempo - e non il denaro -
è la risorsa più preziosa.
Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro
che per anni lo ha soffocato e oppresso.
Chi deciderà di abbandonare la famiglia,
di dire addio al coniuge, o al partner.
Di mettere al mondo un figlio, o di non
volere figli. Di fare coming out.
Ci sarà chi comincerà a credere in Dio
e chi smetterà di credere in lui.
Ci sarà chi, per la prima volta,
si interrogherà sulle scelte fatte,
sulle rinunce, sui compromessi.
Sugli amori che non ha osato amare.
Sulla vita che non ha osato vivere.
Uomini e donne si chiederanno perché
sprecano l’esistenza in relazioni che
provocano loro amarezza.
Ci sarà anche chi rivedrà le proprie
opinioni politiche, basate su ansie o
valori che si disintegreranno nel corso
dell’epidemia.
Ci sarà chi dubiterà delle ragioni che
spingono un popolo a lottare contro
un nemico per generazioni, a credere
che la guerra sia inevitabile.
È possibile che un’esperienza tanto dura
e profonda come quella che stiamo
vivendo induca qualcuno a rifiutare
posizioni nazionalistiche per esempio,
tutto ciò che ci divide, ci aliena, ci porta
a odiare, a barricarci.”
David Grossman

- Lloyd, il futuro mi spaventa...
- Non dovrebbe, sir!
- In che senso Lloyd?
- Il futuro, sir, non è altro che il presente vestito con gli abiti
della speranza. O della paura...
- La cosa non mi rincuora, Lloyd!
- E invece dovrebbe, sir...
- Come mai? -
- Perché il guardaroba, sir, lo decide lei...


[ Finché si sta bene non si esiste, più esattamente: non si sa di esistere.]
Promossi al rango di incurabili, siamo materia dolente, carne urlante, ossa rose da grida, e i nostri stessi silenzi non sono che lamenti strozzati.
Emil Cioran, da La caduta nel tempo


Venerdi 13 marzo anno bisesto...
Piano schock degli inglesi: lasciare ammalare il 60% della popolazione per sviluppare l'immunità di gregge...
Il governo Johnson si appresterebbe a mettere in quarantena fino a quattro mesi tutti gli ultra 70enni britannici. Sì, tutti, in auto isolamento e anche se non hanno alcun sintomo. Perché dopo settimane di esitazione e passività, sta scattando la fase due di Boris Johnson per combattere il coronavirus. Una fase che Robert Peston di ITV, uno dei giornalisti più importanti oltremanica così commenta: "Come se fossimo in guerra" Il piano è chiaro. Nell'ambito della brutale, controversa e rischiosa immunizzazione di gregge di almeno il 60% dei britannici, teorizzata dal premier e dai suoi, c'è da proteggere i più anziani. Che quindi, in massa, verranno isolati dal resto del Paese per molte settimane, almeno fino a quando una buona parte della popolazione non ha contratto il coronavirus per poi guarire ed essere immunizzata (almeno in teoria perché di questo non c'è ancora totale evidenza scientifica).

L'OMS invita alla calma e afferma che tutto è sotto controllo ...
ma intanto, il 30 gennaio 2020, dichiara l'emergenza sanitaria mondiale...

Meno allarmismo!?!  
"nell'editoriale di Pangea"

Eppure i dati del contagio da coronavirus allarmano...
Parole ambivalenti, sia preoccupanti sia tranquillizzanti, quelle degli esperti e, soprattutto, dei politici sul coronavirus, il contagio da Covid-19 che sta colpendo il mondo. 

Cominciamo subito col dire che l'Oms, l'11 marzo 2020, ha dichiarato lo stato di "Pandemia". Ad annunciarlo il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, in conferenza stampa a Ginevra.
"La parola pandemia - ha aggiunto - non può essere usata con leggerezza perchè può causare paure non necessarie e il sentimento che la lotta è finita. Ma non è così - ha proseguito - descrivere la situazione come pandemia non cambia cosa fa l'Oms e cosa i Paesi devono fare". Ghebreyesus ha sottolineato che si tratta della "prima pandemia causata da un coronavirus". Nei prossimi mesi, ha aggiunto il direttore generale dell'Oms, "ci aspettiamo di vedere i numeri di casi, di morti e il numero di Paesi affetti salire ancora di più. L'Oms ha valutato questa epidemia giorno dopo giorno e siamo profondamente preoccupati sia dai livelli allarmanti di diffusione e gravità, sia dai livelli allarmanti di inazione". 
"Siamo in questa situazione assieme e abbiamo bisogno di agire con calma per fare la cosa più giusta", ha affermato. Il direttore generale ha ringraziato l'Italia, la Corea del Sud e l'Iran per le misure adottate. "Siamo incoraggiati dalle misure aggressive adottate dall'Italia, speriamo che abbiano effetti nei prossimi giorni", ha concluso Ghebreyesus.



Proviamo a ricapitolare gli eventi...
lasciando ad ognuno il delicato compito di trarne le personali conclusioni...

Il governo cinese aveva riferito all'Oms che il primo caso confermato era stato diagnosticato l'8 dicembre. Le autorità cinesi hanno parlato per la prima volta di una possibile trasmissione tra esseri umani il 21 gennaio. Ma il primo caso di una persona colpita da Covid-19 può essere fatto risalire al 17 novembre scorso, secondo notizie di stampa che fanno riferimento a dati del governo cinese non pubblicati.  A scriverne, riporta oggi il Guardian, è il South China Morning Post, secondo il quale le autorità cinesi avevano identificato almeno 226 persone che avevano contratto il virus lo scorso anno ed erano sotto supervisione medica. Il primo in assoluto risale al 17 novembre.

Lo scorso 31 dicembre 2019 le autorità sanitarie cinesi hanno rilevato la 
presenza di un focolaio di sindrome febbrile, associata a polmonite di 
origine sconosciuta, tra gli abitanti di Wuhan, città di circa 11 milioni di 
abitanti situata nella provincia di Hubei, nella Cina Centro-meridionale, 
alla confluenza tra il Fiume Azzurro e il fiume Han, a circa 1.100 
chilometri da Pechino, 800 da Shangai, 1.000 da Hong Kong.  
Il punto di partenza dell’infezione è stato identificato nel mercato del pesce e di altri animali vivi (c.d. “wet market”) di Huanan, al centro della città di Wuhan, che è stato chiuso il 1° gennaio 2020. Il 7 gennaio è stato isolato l’agente patogeno responsabile dell’epidemia: si tratta di un nuovo betacoronavirus, che il WHO (OMS) ha denominato dapprima 2019-nCoV, quindi, a seguito di un meeting della ricerca svoltosi il 10 e 11 febbraio, SARS-CoV-2, ad indicare la similarità con il virus della SARS, che nel 2002-2003 causò una epidemia globale con 8.096 casi confermati e 774 decessi. Nello stesso meeting il WHO ha denominato COVID-19 la malattia causata dal nuovo virus. A partire dal 23 gennaio, dapprima nella città di Wuhan poi in numerose altre città della provincia dello Hubei, sono stati sospesi i trasporti pubblici, chiusi porti, stazioni ferroviarie ed aeroporti, bloccate le vie stradali di accesso. 
"Wuhan Jiayou"
Wuhan resisti...
il canto intonato dai
residenti in quarantena
Di fatto nella regione dello Hubei circa 60 milioni di persone (alla data del 19 febbraio 2020) sono state messe in quarantena. Nel resto della Cina è in vigore il "livello 1" di emergenza di sanità pubblica, il più elevato. Il 30 gennaio il WHO, in merito all’infezione da coronavirus, ha dichiarato la PHEIC (Public Health Emergency of International Concern), ovvero lo stato di emergenza internazionale. La PHEIC viene dichiarata quando in uno Stato si verifica “un evento straordinario che costituisce un rischio per la salute pubblica per altri Stati attraverso la diffusione internazionale delle malattie e che richiede potenzialmente una risposta internazionale coordinata”. La dichiarazione di PHEIC facilita la condivisione di informazioni per la valutazione del rischio, permette al comitato di emergenza del WHO di dare agli stati membri raccomandazioni temporanee e, soprattutto, facilita a livello internazionale le attività diplomatiche, di salute pubblica, di sicurezza e di logistica, oltre a permettere l’utilizzo di maggiori risorse finanziarie. Sino ad oggi, la PHEIC era stata dichiarata cinque volte: per l’influenza suina nel 2009, per la poliomielite in Asia Centrale, Medio Oriente e Africa centrale nel 2014, per Ebola in Africa occidentale nel 2014, per Zika in Centro e sud America nel 2016, e ancora per l’epidemia di Ebola in Congo nel luglio 2019.
E la morte del giovane medico cinese Li Wenliang 
[venuto a mancare il 7 febbraio], colui  che per primo lanciò inascoltato l’allarme 
sul coronavirus, sta causando una vera e propria rivolta virtuale nella rete cinese. Naturalmente  per quanto possibile, perché internet a Pechino è 
costantemente monitorato dalle autorità e staccato dal resto della rete mondiale 
da un potentissimo «firewall», noto, per assonanza con la grande muraglia 
cinese, come il «grande firewall cinese». Su Weibo [simile a Twitter]  e su 
WeChat [simile a WhatsApp] si moltiplicano i messaggi che hanno come 
hashtag #vogliolalibertàdiparola: una vera e propria sfida in un sistema 
autoritario come quello cinese. 
Risultato immagini per CoronavirusSe l'allarme lanciato da Li Wenliang fosse stato ascoltato, la lotta contro il coronavirus sarebbe scattata prima e il contagio non si sarebbe diffuso in modo così veloce a Wuhan. Ma il giovane medico fu richiamato per l'allarme e accusato di creare il panico. La sua denuncia, basata sull'evidenza fornita dai sintomi dei malati che stava trattando, fu silenziata.  Così la vita continuò come al solito a Wuhan  e il virus si diffuse per giorni indisturbato, visto che le autorità non presero alcuna misura di profilassi.Negli stati autoritari la diffusione delle informazioni è strettamente limitata e di solito avviene per via gerarchica.  Così nessuno, per paura di esserne ritenuto responsabile, passa le cattive notizie al grado superiore, anzi tende ad insabbiarle. Fino a che, come è avvenuto a Wuhan, l'enormità del problema rende impossibile nasconderlo. Allora si ricorre a drastiche misure d'emergenza. Ma i buoi, come da proverbio, sono già scappati. by gazzettadiparma.it


Un mostro arrivato all'uomo dai serpenti: 
così affermerebbe uno studio dell'Università di Pechino...

Qui notizie dal fronte Italia

Ma cosa ci attende?
Ci sono veramente cupi scenari apocalittici nell'immediato nostro futuro?
Risultato immagini per corona virus in the uk

Sarà infettato dal Coronavirus il 60/80 per cento della popolazione mondiale. "Un numero tremendamente grande", spiega Gabriel Leung, a capo del Dipartimento di medicina all'università di Hong Kong, "il bilancio delle vittime sarà enorme". Anche perché "un conto è la capacità di contenimento dell'epidemia in Europa, altro discorso investe le condizioni di Paesi asiatici come la Thailandia, visitata da milioni di turisti, e da altri Paesi asiatici come Bangladesh, Indonesia, Vietnam, Laos, Cambogia", dice a Il Giorno, Walter Pasini, presidente della Società italiana di medicina del turismo.
"Una preoccupazione riguarda anche il continente africano dove sono sbarcati tantissimi lavoratori cinesi", continua Pasini. "Ci chiediamo come riusciranno a isolare i malati, mettere in quarantena i sospetti, e tracciare i contatti". Aggiunge Claudio Zanon, direttore scientifico Motore Sanità: "Vista l'evoluzione del fenomeno credo che i Paesi africani faticheranno a contenere la diffusione del virus come accade nei paesi occidentali. Stesso ragionamento si potrebbe fare per alcune zone del Sudamerica".
Ci sono, insomma, zone del mondo in cui si muore ancora per malattie sconfitte decenni fa, come il tetano.
E in Africa il coronavirus sarà un vero problema... qui dove si muore ancora per il tetano un possibile focolaio del coronavirus sarebbe difficile da gestire. L’Africa, come sempre, è abbandonata al proprio destino; ha avuto diverse infezioni come l’ebola e zika, che ha anche oltrepassato l’oceano, ma in questa battaglia è lasciata sola così come nelle infezioni degli insetti come la malaria o la leishmania. Ci sono centinaia di milioni di casi e migliaia di decessi che sono passati sotto silenzio in Occidente, convinti che queste malattie non arrivassero mai in Europa o negli Stati Uniti...  nella Repubblica Democratica del Congo ci sono stati fino ad ora 3 mila morti per l’ebola che è ritornata nel silenzio generale dell’Occidente.


[ Coronavirus: Where are we going?]
Non ho risposte, solo domande. Queste domande sono le fondamenta del mio lavoro.
Ogni giorno, siamo il bersaglio di una quantità incredibile di informazioni, reperibili sempre più facilmente e rapidamente. Il corpo umano si adatta a questo contesto ma non si evolve alla stessa velocità, velocità che rende più difficile afferrare il vero significato della vita. Conduciamo una vita ad ostacoli, che interferiscono quotidianamente con l’essenza della nostra appartenenza. Più la vita è facile, più difficile è scoprire il vero fine della nostra esistenza. In un’eterno zig-zag lungo il cammino della vita, dove stiamo andando?

Il dolore come sentimento fondamentale e parte integrante della vita, è rappresentato dall’artista giapponese con dolcezza ed emotività. Riesce a tradurre il suo intimo approccio al lutto e alla perdita nelle sue opere segnandole con un certo grado di cupezza che tuttavia lasciano uno spiraglio di speranza e tranquillità. Le sue opere contengono gli effetti dalla perdita da lei subita delle persone care durante il terremoto dell’11 marzo 2011, che ha colpito il Giappone causando lo tsunami e il disastro nucleare di Fukushima.

L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi e spazio all'aperto
"Where are we going?" 
Chiharu Shiota è un’ artista giapponese che vive e lavora a Berlino. Allieva di Marina Abramović, oggi è un’artista ultra affermata sul panorama internazionale. Tra le installazioni più celebri le sue reti simili a ragnatele che imprigionano oggetti di uso comune e con loro segreti, ricordi e parti di noi. Installazioni site specific (installazioni che il pubblico può sperimentare solo in quel particolare spazio) come visioni ed esperimenti che aiutano a comprendere meglio il mondo moderno.
In Italia l’abbiamo vista nel 2015, nel Padiglione giapponese alla 56esima Biennale di Venezia; nel 2017 l’artista  torna, a Parigi, con una magnifica installazione di grande impatto emotivo.  Le Bon Marché di Parigi ha affidato lo spazio centrale e le vetrine all'artista giapponese che, per la prima volta, usa filo bianco per le sue effimere architetture... L’installazione site specific (installazioni che il pubblico può sperimentare solo in quel particolare spazio) si trova nel cuore del primo grande magazzino della città, sulla rive gauche, oggi splendido megastore di lusso firmato LVHM. L’opera ricorda molti dei suoi altri lavori e conferma un certo filone stilistico nell’esternazione del suo potente messaggio. Famosa per la sua distesa spettacolare di filato di tessuto e per la forza evocativa delle sue opere... L’eterno enigma sull’esistenza umana, il nostro transito terreno come fase di mezzo e non come dimensione realizzativa di se stessi, il significato del tempo tra i due momenti di nascita e di morte, sono i temi che caratterizzano la poetica della giapponese Chiharu Shiota. Nella realizzazione delle sue opere utilizza oggetti comuni ormai in disuso, appartenenti in una vita passata alle abitudini di qualcuno. Tramite questi oggetti l’artista realizza installazioni potenti e piene di carica emotiva che ci portano a riflettere sui grandi temi universali. 
È UN INVITO A CHIEDERSI DOVE STIAMO ANDANDO, A METTERCI IN DISCUSSIONE
Interrogarsi... adesso, più che mai, è necessario interrogarsi sul senso della vita. Su questo nostro essere qui. Il re è nudo. Ora. Questo virus ha completamente messo a nudo la povertà umana e spirituale di questa società. Il nulla edonistico in cui per decenni interi ci siamo baloccati considerando inutile e sbagliata ogni voce dissenziente e dissonante che urlava nel deserto. Ho pena, infinita pena, non di me stessa che di questa malattia chiamata vita ho sempre sofferto, ma degli altri. Di quelli che come insetti ora si dibattono nella tela di ragno che loro stessi hanno tessuto. La festa è finita.
Un profetico allarmismo dal 2015...


ph LaPresse, una turista in visita al Louvre. 

Quando la letteratura e la cinematografia 
tentano di "sgonfiare" le nostre più ataviche paure...
Un libro può creare sogni o incubi, l’importante è che intrappoli il lettore fino alla fine, bella o inesorabile che sia...
In molti tendiamo ad essere affascinati da romanzi e film distopici. Il più delle volte la premessa è la stessa: un virus provoca una pandemia globale che lascia città deserte in cui una manciata di sopravvissuti cerca di sopravvivere in ogni modo. Non sorprende quindi che, data la diffusione globale del coronavirus, alcuni vecchi film siano tornati in voga. Fortunatamente, secondo la maggior parte degli scienziati che conoscono i virus, pochissimi film e romanzi di questo genere sono vicini alla realtà. Tuttavia, c'è un'eccezione: il film "Contagion" del 2011 diretto da Steven Soderbergh. Il film presenta alcune somiglianze con l'attuale focolaio di coronavirus. Si parla di un virus che si diffonde in tutto il mondo (partendo da Hong Kong) dopo che il personaggio interpretato da Gwyneth Paltrow ne rimane infetto. E proprio mentre monta la psicosi da coronavirus il film è entrato nella top 10 dei video più noleggiati sull'Itunes store di Apple a fine gennaio 2020. Il trailer è diventato di conseguenza virale sui social. Ma se "Contagion" è un po' troppo vicino alla realtà, ci sono un sacco di altri spaventosi disaster movies da guardare per trascorre qualche ora "spensierata" sul divano.
Il punto di forza del genere letterario distopico si lega a quello che deve essere l’ossatura portante di ogni romanzo: la scenografiaLe idee forti, immaginarie e “immaginifiche” costringono alla lettura, conducono a girare ancora un’altra pagina fino a quando ci si ritrova con gli occhi chiusi immersi in quel mondo maledetto e fantastico da cui non si può più uscire. Come in una ricetta, alcuni degli ingredienti sono comuni nel il filone dei romanzi distopici: oltre alla complessità delle scenografie, c’è sempre lo scontro tra bene e male, tra chi lotta per la libertà e chi vuole il controllo assoluto su tutto. La lotta è serrata e violenta, perché ogni fazione è convinta (parliamo appunto di distopia, l’esatto opposto di utopia) di essere nel giusto, per quanto devastante e violento possa essere. Nel romanzo distopico il problema è che, nel corso del tempo, si è formata una società che proprio per come è stata costruita, nell'avverarsi della catastrofe, costringe a guerre e soprusi, dominazione e sopravvivenza;  il problema è che nella devastazione provocata dalla catastrofe, la società è normalmente incapace di reagire lasciando tutto all’iniziativa dei singoli...
by Giovanni Ronci

"I sopravvissuti"(Survivors
una serie televisiva britannica del 1975 di ambientazione post apocalittica. La trama si basa su uno scenario in cui il mondo intero è stato colpito da una epidemia dovuta ad un virus altamente letale, al quale è scampato solo l'1% dell'intera popolazione.
La serie è costituita da 38 episodi da 50 minuti, divisi in tre stagioni





Risultato immagini per sneakers

E cosa sarà successo nel nostro passato?

"Le cinque infezioni virali e batteriche più letali di sempre..."

Quando l'Italia fu colpita, nel 1969,"dall'influenza spaziale" con 13 milioni di ammalati e 5.000 morti nella sola Italia.
Colpì un italiano su quattro. Si trattò di una derivazione europea di un'influenza nata a Hong Kong l'anno prima, il 1968.  Questa influenza causò tra i 750.000 e i 2 milioni di morti nel mondo. Vi sembrano tanti? 
E invece si tratta di una delle influenze virali con meno vittime nella storia dell'umanità...
Qui il video dell'Istituto Luce...

L'influenza spagnola
1917*1920
"il più grande olocausto medico della storia"
Risultato immagini per kissing with surgical masks
si dice che l'influenza spagnola abbia ucciso più persone in 24 settimane che l'AIDS in 24 anni
e in un anno più di quante ne abbia uccise la peste nera in un secolo...
questa influenza ha causato decessi in ogni angolo del globo...
altrimenti conosciuta come la grande influenza o epidemia spagnola, fu una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo, la prima delle due pandemie che coinvolgono il virus dell'influenza H1N1. Essa arrivò ad infettare circa 500 milioni di persone in tutto il mondo, inclusi alcuni abitanti di remote isole dell'Oceano Pacifico e del Mar Glaciale Artico, provocando il decesso di 50-100 milioni (dal tre al cinque per cento della popolazione mondiale dell'epoca).La letalità le valse la definizione di più grave forma di pandemia della storia dell'umanità: ha infatti causato più vittime della terribile peste nera del XIV secolo.La malattia ridusse notevolmente l'aspettativa di vita dell'inizio del XX secolo che, nel primo anno dal diffondersi della pandemia, risultava diminuita di circa 12 anni.La maggior parte delle epidemie influenzali uccide quasi esclusivamente pazienti giovani, anziani o già indeboliti; al contrario, la pandemia del 1918 uccise prevalentemente giovani adulti precedentemente sani.

[a proposito della peste]
«D'onde è la peste, fuggi, e torna tardi, con pregar sempre Dio, che te ne guardi». 
Con queste parole il bibliotecario italiano Cristoforo Poggiali, vissuto tra Settecento e Ottocento, si riferiva alla peste, morbo che colpì l'uomo sin dall'antichitàFu durante il Trecento, però, che si verificò l'epidemia più famosa e terribile.  La peste è una malattia infettiva causata da un batterio presente nelle pulci ospitate da animali come topi e conigli ed è stato uno dei flagelli più pericolosi e catastrofici che hanno colpito l'umanità. Diffuse per millenni e in ogni parte del mondo, spesso le epidemie di peste hanno avuto dimensioni tali da stravolgere la società e l'economia di intere aree geografiche.
Migliaia di persone si ammalarono e morirono nello spazio di qualche giorno o poche ore. Il nemico che generava queste morti improvvise era invisibile e si manifestava tramite sintomi devastanti come una forte febbre e la comparsa di bubboni neri, da cui si attribuì il nome di Morte Nera o peste bubbonica all'epidemia.   L'epidemia arrivò in Europa attraverso le rotte commerciali con l'Oriente. Nacque probabilmente negli anni venti del XIV secolo nel Deserto del Gobi, dove un batterio insediato nel sangue dei topi neri veniva trasportato agli uomini da una particolare specie di pulci parassite. Grazie all'abbondanza di documentazione scritta possiamo seguire il percorso della peste mentre travolgeva le regioni dell'Asia e dell'Europa. Il morbo fu portato dai Mongoli negli anni trenta del Trecento, dal Gobi alla Cina e nelle pianure dei fiumi russi Volga e DonNel 1347, durante l'assedio di Caffa, importante colonia e scalo commerciale genovese in Crimea, il khan tartaro Gan Bek fece lanciare dei cadaveri infetti all'interno delle mura cittadine, iniziando il contagio. Fu in questo momento che gli intensificati scambi commerciali europei con l'Asia divennero il veicolo di propagazione dell'epidemiaLe navi genovesi di ritorno in Europa dai commerci con l'Oriente trasportarono la peste prima nel porto di Costantinopoli e poi a Messina. Genova rifiutò di accogliere le proprie navi infette, che ripiegarono su Marsiglia, spargendo il contagio in tutti i porti principali del Mar Mediterraneo    La peste trovò un'Europa già in difficoltà. Le cause della diffusione capillare del morbo vanno rintracciate in una serie di avvenimenti precedenti il 1347. Numerose carestie colpirono l'Europa in seguito a un abbassamento improvviso delle temperature nel XIV secolo. La malnutrizione portò a un calo demografico e a un indebolimento delle persone, che insieme alle scarse condizioni igieniche determinò la rapida diffusione dell'epidemia. Agli inizi del 1348 la peste raggiunse l'entroterra e città come Parigi e LondraLa mortalità fu altissima e almeno un terzo della popolazione europea morìOltre all'epidemia del 1347-1351 notevoli furono quella del 1360, detta peste dei bambini perché colpì in tutta Europa solo i minori, e quella che si diffuse in Italia nel 1575-1577, chiamata peste di San Carlo Borromeo perché l'arcivescovo di Milano si impegnò duramente per curare i malati in Lombardia. La peste nera rimase in Europa per altri duecento anni dopo il 1351, ma fino al Seicento colpì per lo più in forma leggera e senza coinvolgere tutto il continente. Tra 1629 e 1679 altre terribili epidemie colpirono l'Europa.  Nel 1629 la peste fu portata nel Nord Italia, controllato dal Sacro Romano Impero, dai Lanzichenecchi scesi dalla Germania per sedare i tumulti generati dai mendicanti e dai vagabondi, che avevano preso d'assalto le città per cercare condizioni migliori rispetto alle campagne colpite da una carestia.   Nel 1656 la peste colpì Napoli e Roma, causando grandi danni economici, mentre nel 1665 e nel 1679 due grandi epidemie si propagarono a Londra e ViennaA partire dal XVIII secolo il miglioramento delle condizioni socio-economiche e igienico-sanitarie di gran parte della popolazione europea contribuirono al debellamento della malattia, che dal XIX secolo scomparve dallo scenario europeo.



DISTANZIAMENTO SOCIALE
PURA FOLLIA

Dal web... "Un'allarme del re dei social che nasce da un dato di fatto: l'utilizzo della banda è aumentato considerevolmente, il traffico quotidiano dei dati è superiore a quello che si registra durante la notte dell'ultimo dell'anno, giusto per dare una dimensione al fenomeno.
Questa la notizia: la pandemia ci ha rinchiusi in casa, ha congelato fino a nuovo ordine i nostri rapporti sociali(e non è detto che il caldo estivo si porti via tutte le attuali costrizioni) e modificato la nostra vita lavorativa. Ed è in questo scenario apocalittico che il tanto vituperato capitalismo della Silicon valley assume un ruolo differente, da ammortizzatore social(e) e soprattutto da ammortizzatore emotivo. Attutisce le solitudini, riduce le distanze, fa sentire più vicine le voci che ora si odono lontane. 
Gli squali dell'economia 2.0 sono fondamentali, oggi più che mai. Glovo ci porta la spesa o un piatto di pasta calda; Amazon ci rifornisce di libri (e quant'altro) per ingannare la quarantena; Facetime, Zoom o gli altri servizi di videoconferenza ci permettono di continuare le nostre riunioni lavorative. E poi Netflix, Facebook, Instagram, Google e tutti i servizi offerti dalla rete e dalla web economy. Servizi assolutamente superflui - in tempi normali - che adesso sono diventanti generi di conforto per attraversare un deserto del quale non si conoscono esattamente le dimensioni. 
D'altronde capita sempre più spesso di ricevere videochiamate da chi fino a qualche settimana fa nemmeno mandava un sms. La costrizione nel perimetro della propria abitazione esplode, spesso, in una esasperata socialità virtuale che dovrà per forza essere ridimensionata. Netflix e Youtube, tra gli altri, hanno provato a correre ai ripari diminuendo la qualità dei video in Europa (da alta a standard) per permettere a tutti di poter accedere ai loro contenuti. Anche il mondo dei colossi del web uscirà cambiato e ridisegnato dall'esperienza della pandemia. E probabilmente cambierà anche il nostro rapporto con le tecnologie e la rete. Alla fine il capitalismo, anche quello spietato della Silicon valley, non è lo sterco del demonio..."
O, forse si....

Post popolari in questo blog

L'ovviamente ovvio dell'ovvietà...

Sottolineo, ricopio, estraggo e porto via!