Mama Africa...

"L’Africa è uno stato mentale, io lavoro in Europa, ma sogno in Africa".
Samuel Eto’o


La filosofia africana spesso si concentra sulle relazioni, sulla coesistenza armoniosa e sulle prospettive olistiche. La spiritualità africana comprende una vasta gamma di credenze e pratiche, spesso legate al culto degli antenati e alla connessione con il divino attraverso la natura.

"La mia Africa" film film del 1985  ispirato all'omonimo romanzo autobiografico di Karen Blixen.

E in ultimo arriva Pechino che ha iniziato a fare investimenti ambiziosi fino all’Africa. Nel 2007, l’ex ministero dell’agricoltura del governo dello Zambia, Guy Scott, ha detto al giornale inglese The Guardian: “Le persone qui ora dicono: ne abbiamo viste di cattive persone. I bianchi erano cattivi, gli indiani erano ancora peggio, ma i cinesi sono i peggiori di tutti”. 

Io penso che [il giorno della memoria], oltre a ricordare la Shoah, dovrebbe essere esteso a tutti gli olocausti del pianeta. Dovrebbe essere il giorno dei diseredati, degli sfruttati, dei poveri; il giorno dei milioni di morti per fame, guerre, malattie, schiavitù; il giorno di tutti i perseguitati, deportati e uccisi nel corso della storia, a cominciare dallo sterminio di interi popoli e alla tratta di milioni di schiavi deportati dall'Africa; oggi dovrebbe essere la giornata di tutta l'Umanità perseguitata e dimenticata.
Fiorella Mannoia

La tratta degli schiavi africani...
iniziò nel XVI secolo da parte del “civile” uomo bianco. Rapimenti di nativi africani deportati verso una terra nel frattempo in piena colonizzazione a scapito dei suoi abitanti originari: lo sterminio degli Indiani d’America...

Dicono che siamo tutti uguali. 
Non è vero: alcuni lo sono di meno.
Paola Melone



È inquietante constatare come il continente africano venga considerato dall’opinione pubblica povero, quando è invece immensamente ricco di ogni risorsa, in particolare di una popolazione giovane, cosa sempre più rara sul pianeta.
Pierre Rabhi

Un'Africa povera come solo poveri possono essere quelli che sono sempre stati depredati e derubati...
Con risorse naturali uniche al mondo. Culture di maestosa bellezza direttamente collegate alla storia della nostra umanità.
Ma con piccolissime caste di ricchissimi potenti che gestiscono dittature e corruzione, aiutati dagli occidentali che vogliono le materie prime e i minerali rari a prezzi bassi.
La piaga dei predatori occidentali non ha pari nel mondo animale.
Tutti attenti a che la popolazione africana non riesca a prendere nelle proprie mani il proprio destino e quello dei propri paesi puntando al proprio benessere, costringendoli in continue guerre tribali.

a digital artwork by Ramon Martinez



Per un'Africa libera e mai più violata...
"Regine! Quale altra definizione si poteva immaginare pensando alle donne d’Africa che da sempre hanno a cuore la sorte dei propri popoli?  Quale altro nome si poteva scegliere per definire coloro che con incredibile determinazione vegliano sul bene dei propri figli e figlie? 
Regine. Sì, proprio regine. 
ph Sebastião Salgado

Un nome che racchiude non un ennesimo e mero elogio, ma che fa risaltare l’essenza genuina di cui sono impastate le donne d’Africa e che le contraddistingue, ne evidenzia la peculiare capacità di resistere, con l’unica speranza che i loro figli e figlie possano esistere; l’essenza che le rende uniche… oggi come ieri, come domani e come sempre, finché in palio ci sarà la sopravvivenza stessa del continente. E vanno le donne d’Africa, con passo fermo e deciso, attraversano il continente e ogni loro gesto è fatto con grazia, con determinazione, con passione. Nonostante le fatiche, i soprusi, nonostante i diritti negati, loro vanno, maestose, fiere, nobili e leggere come avessero sul capo non pesanti fardelli, ma corone dove, al posto dei diamanti, sono incastonati i sogni di un’Africa finalmente libera. Vanno le nostre donne. Infaticabili. Non c’è spazio che non sia abitato da loro. Non c’è luogo che non sia attraversato da loro. Ci sono e basta. Ci sono sempre e ovunque. Ci sono a vegliare l’avvento di un’alba nuova. La loro è una presenza costante, una presenza che rassicura. Una presenza che sottolinea la loro ostinata e pacifica resistenza quotidiana. Sono lì, ovunque, perché sanno che non possono abbassare la guardia, non possono delegare. Sulle strade di tutti i paesi, nei mercati di tutte le città, ai pozzi di tutti i villaggi, loro ci sono. Sempre indaffarate, anche quando sono sedute, apparentemente inerti, mani, occhi e cuore sono in costante movimento; riordinano, osservano, si prendono cura di tutto. Solo loro, madri, figlie e sorelle d’Africa, che da secoli portano sulle spalle il continente, sanno quanto pesa e quanto vale. Sono lì da sempre, come buone pastore, per prendersi cura dei propri popoli, per assicurare la vita, per impedire che gli assalti di avidi depredatori, interni ed esterni, impoveriscano e distruggano completamente l’Africa, questo continente costantemente insidiato e assediato. Sanno che in un continente dove si combattono vita e morte, speranza e frustrazione, amarezza e resistenza, l’esserci è fondamentale. Sono presenti perché conoscono quanto fragile è il destino e precaria la sorte della culla dell’umanità, che rischia di trasformarsi nella fossa dei propri sogni e di quelli delle prossime generazioni. Ci sono sempre, perché sanno che non possono permettersi latitanze o assenze. Ci sono con determinazione, ci sono perché consce del loro insostituibile ruolo di madri d’Africa. 
Il problema non è 
"aiutarli a casa loro".
Il problema è 
"non sfruttarli a casa loro"
...

Eppure, sugli schermi del mondo intero, troppo spesso va in onda uno stereotipo duro a morire, una brutta fotocopia delle donne d’Africa. Nell’immaginario comune le donne africane sono deboli e sottomesse alla mentalità patriarcale, rassegnate alla miseria e all’ignoranza, condannate ad un immobilismo eterno. Un cliché comodo e sbrigativo e che evita di entrare in complicati ragionamenti di un femminismo vivace e radicalmente africano. Evita di entrare nel merito della questione dei diritti di queste donne, che adagio ma con fermezza stanno davvero riscrivendo la storia africana. È più comodo semplificare, mentre è più difficile riuscire a intravvedere l’inaudito coraggio di queste donne che sanno di avere nelle mani la sorte dei loro popoli e la prerogativa di essere dimora della vita stessa. Eppure, nonostante il loro ruolo determinante nella compagine storica, economica e sociale d’Africa, un sottile e insidioso velo cerca di occultarle e occultarne la forza. È una sensazione strana, ma reale. Loro, le regine, le custodi, le generatrici di speranza e di futuro passano nella storia da invisibili. Chi vuole scommettere su un futuro nuovo dell’Africa lo può fare ad una condizione: non senza di loro. Le madri e regine d’Africa. Con immensa gratitudine." 
by Elisa Kidanè

Derubare la ricchezza mineraria nel Congo: le stragi finanziate dai potenti del mondo...

 Il 30 giugno 2020, 60 anni dopo che la Repubblica Democratica del Congo ottenne l’indipendenza dal Belgio, lo scrittore Justin Podur immagina un 95enne Patrice Lumumba tenere il discorso per celebrare la creazione di una democrazia riuscita nel cuore dell’Africa utilizzando l’immensa ricchezza mineraria per costruire una base industriale avanzata, contribuendo allo stesso tempo a scongiurare conflitti etnici nei Paesi vicini. Nella realtà, Patrice Lumumba fu assassinato nel febbraio 1961 dalla Cia... alla guida del paese fu messo un assassino e dopo di lui si agevolò l'invasione ruandese-ugandese.

Dalla lettera di un'immigrata africana...
reindirizzata a tutto il nostro occidente:
ph Sebastião Salgado
«Vedo nelle facce i colori della rabbia. Le voci hanno il sapore amarissimo del fiele. Ci accusano di rubare il pane alla gente del paese che ci accoglie. Ancora una volta provo i morsi atroci della paura… Chi sono? Non dirò il mio nome. I nomi contano poco. Niente.  Sono una di quelli che chiamate con disprezzo “clandestini”. Vengo da un paese, la Nigeria, dove quei pochi che fanno la pacchia sono tutti amici dei vostri politici. Lo dico subito. Non sono una vittima del terrorismo di Boko Haram. Nella mia regione, il Delta del Niger non sono arrivati. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa. Lo conosce il Delta del Niger? Non credo. Eppure ogni volta che salite in macchina potete farlo grazie a noi. Una parte della benzina che usate viene da lì. Io vivevo alla periferia di Port Harkourt, la capitale dello Stato del Delta del Niger. Una delle capitali petrolifere del mondo. Vivevo con mia madre e i miei fratelli in una baracca e alla sera per avere un po’ di luce usavamo le candele. Noi come la grande maggioranza di chi vive lì. È dura vivere dalle mie parti. Molto dura. Un inferno se sei una ragazza. Ed io ero una ragazza. Tutto è a pagamento. Tutto. Se non hai soldi non vai a scuola e non puoi curarti. Gli ospedali e le scuole pubbliche non funzionano. E persino lì, comunque, se vuoi far finta di studiare o di curarti, devi pagare. E come fai a pagare se di lavoro non ce ne è? La fame, la miseria, la disperazione e l’assenza di futuro, sono nostre compagne quotidiane. Vi vedo già storcere il muso. Siete già pronti a dire che non sono fatti vostri, vero? Sono fatti vostri, invece. Il mio paese, la regione in cui vivo, dovrebbe essere ricchissima visto che siamo tra i maggiori produttori di petrolio al mondo. E invece no. Quel petrolio arricchisce poche famiglie di politici corrotti, riempie le vostre banche del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre economie e le vostre aziende. Il mio paese è stato preda di più colpi di stato. 
Al potere sono sempre andati, caso strano, personaggi obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petrolifere del vostro mondo, anche del vostro paese. Avete potuto, così, pagare un prezzo bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che portavate via era la nostra vita. Lo avete fatto con protervia e ferocia. La vostra civiltà e i vostri diritti umani hanno inquinato e distrutto la vita nel Delta del Niger e impiccato i nostri uomini migliori. Vi ricordate Ken Saro Wiwa? Era un giovane poeta che chiedeva giustizia per noi.  Lo avete fatto penzolare da una forca… Le vostre aziende, in lotta tra loro, hanno alimentato la corruzione più estrema. Avete comprato ministri e funzionari pubblici pur di prendervi una fetta della nostra ricchezza. L’Eni, l’Agip, quelle di certo le conoscete. Sono accusate di aver versato cifre da paura in questo sporco gioco. Con quei soldi noi avremmo potuto avere scuole e ospedali.  A casa, la sera, non avrei avuto bisogno di una candela… Sarei rimasta lì, a casa mia, nella mia terra. Avrei fatto a meno di attraversare un deserto. Di essere derubata dai soldati di ogni frontiera e dai trafficanti. Di essere violentata tante volte durante il viaggio. Avrei volentieri fatto a meno delle prigioni libiche, delle notti passate in piedi perché non c’ era posto per dormire, dell’acqua sporca e del pane secco che ti davano, degli stupri continui cui mi hanno costretta, delle urla strazianti di chi veniva torturato. Avrei fatto a meno della vostra ospitalità. Nel vostro paese tante ragazze come me hanno come solo destino la prostituzione. Lo sapete. E non fate niente contro la nostra schiavitù anzi la usate per placare la vostra bestialità. Io sono riuscita a sfuggire a questo orrore, ma sono stata schiava nei vostri campi. Ho raccolto i vostri pomodori, le vostre mele, i vostri aranci in cambio di pochi spiccioli e tante umiliazioni. Ancora una volta, la pacchia l’avete fatta voi. Sulla nostra pelle. Sulle nostre vite.  Sui nostri poveri sogni di una vita appena migliore. Mi mette paura l’ingiustizia di chi sa far la faccia dura contro i deboli, ma sa sorridere sempre ai potenti. Volete che torniamo a casa? Parlate ai vostri potenti, a quelli degli altri paesi che occupano di fatto casa mia in una guerra velenosa e mai dichiarata. Se avete un po’ di dignità e di coraggio, la faccia brutta fatela a loro...»


Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. 
Come si può essere ottimisti?
Fabrizio De André


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