A me non accadrà mai...
[ma cos'è che ti fa andare avanti e dire che non è finita?]
Non dire mai
"A me non accadrà"
"Io non lo farei mai"
perché la vita sa essere imprevedibile e nessuno è immune da certe cose. Tutto capita, anche quello che mai avresti immaginato...
Robin Williams
[forse un angelo vestito da passante mi portò via]
Domenico Modugno, "Meravigioso" 1968
Tu dici non ho niente:
ti sembra niente il sole, la vita, l'amore...
ma come, non ti accorgi di quanto il mondo
sia meraviglioso?
Meraviglioso il bene di una donna che ama solo te,
meraviglioso la luce di un mattino,
il viso di un bambino...
A volte penso che sarebbe meglio evitare la vecchiaia e morire giovane. Ma vorrebbe dire non completare la propria vita, non riuscire a conoscersi completamente.
Marylin Monroe
Gnarls Barkley, 2006
Ricordo quando ero bambina
e i miei eroi avevano il coraggio di perdere le loro vite
tutto quel che ricordo è che pensavo di voler essere come loro
quando ero piccola sembrava divertente,
ma non posso morire finché non ho finito...
quando ero piccola sembrava divertente,
ma non posso morire finché non ho finito...
Bisogna imparare a resistere.
Né ad andarsene.
Né a rimanere.
A resistere.
Juan Gelman
[vietato gettare la spugna]
Soffrirò, morirò.
Ma intanto, sole, vento, vino, trallallà.
Misa Sapego.
Essere, o non essere, questo è il dilemma...
Morire, dormire. Dormire, forse sognare...
Chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell'oppressore, l'ingiuria dell'uomo superbo, gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge, l'insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quietanza con un semplice stiletto?
[Chi...] se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
William Shakespeare, Amleto (atto terzo, scena prima) 1600/1602.
«I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi;
l’acido macchia; i farmaci danno i crampi.
Le pistole sono illegali; i cappi cedono;
il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere…»
Dorothy Parker, Résumé
Dorothy Parker, donna intelligentissima, caustica, ironica, pungente... seppe ridere delle sue disgrazie come nessuna e piangerle evitando di farne un affare pubblico. La scrittrice che tentò almeno tre volte il suicidio e che fece scrivere sulle sue ceneri l'epitaffio
"Scusatemi se faccio polvere"
E allora non gesti estremi ma Sole, Vento, Vino, Sesso, Fumo... trallallero trallallà!
Evitando accuratamente di scegliere tra eccessi ed ascesi...
anche se un vecchio adagio vorrebbe che "riducano l'uomo in cenere"
[intendendo per questo che la combinazione di un consumo eccessivo di vino e fumo, unite ad una vita sessuale eccessivamente attiva possano portare un uomo al di là dell'Acheronte]
e ricorda che il resto dell'umanità si trasformerà in polvere...
e allora polvere o cenere!?!
Questo è il problema...
ma sììììì... che cenere sia!!!
[ Tutte le persone si credono diverse e si sbagliano tutte.]
"Tutte le donne si credono diverse; tutte pensano che certe cose, a loro, non possano succedere. E si sbagliano tutte."
Simone De Beauvoir, da Una donna spezzata
Protagonista della musica rock degli anni 60, Janis Joplin è stata una delle voci più particolari e originali, come d’altronde il suo stile di vita, intenso e ribelle.La sua carriera continuò fino alla morte per overdose all'età di 27 anni: quel 4 Ottobre del 1970 fu l’ultimo giorno della sua vita. Janis quel giorno si trovava nella sua stanza al Landmark hotel di Hollywood, California. Si alza dal letto, prende l’involucro dentro una piccola scatola e infila l’ago. Pochi secondi e la vita di una delle voci femminile più apprezzate si spense per sempre. Una morte lenta e solitaria. Il ritrovamento del corpo avvenne solo dopo diciotto ore...
Ventuno febbraio 1989
Sándor Márai dice addio alla vita.
Fra il 1986 e il 1987 Sándor Márai, che da più di trent’anni ormai vive negli Stati Uniti, perde i due fratelli e la sorella, e anche il figlio adottivo, appena quarantaseienne. Ma soprattutto perde Lola, la donna che è stata la sua compagna per sessantadue anni: Márai, che ha coltivato il sogno impossibile di morire insieme a lei, è costretto a vederla spegnersi lentamente e, dopo averne disperso le ceneri nell’Oceano, a proseguire un’esistenza che gli appare ormai priva di senso. " È altrettanto bella, a ottantasette anni, di quanto lo era da giovane – in modo diverso, ma è bella. Non so fino a quando reggeranno le mie forze, ma vorrei rimanere con lei, aiutarla, curarla fino all’ultimo istante. Siamo coetanei, abbiamo vissuto una vita completa , se il destino avrà pietà di noi, ce ne andremo entrambi contemporaneamente: sarebbe l’ultimo dono ". Il pensiero stesso della " letteratura " gli provoca ormai solo nausea e disgusto. Eppure – e fin quasi alla vigilia della morte – il vecchio " scrittore ungherese " (ché questo egli sarà sempre, afferma, ovunque egli vada) continua, nel monologo ininterrotto che è il suo diario, a registrare annotazioni di ogni genere: aforismi perfetti (la cui acida esattezza ricorda a volte Cioran); annota lucidamente tutti i segnali di decadenza del suo corpo e della sua mente, ed il 1° luglio del 1986 scrive:“ Devo ancora mettere ordine nelle giornate come meglio posso, barcollando, mezzo cieco; ma la mia non è più vita, sono soltanto i preparativi per la partenza. E in questa condizione non vi è nulla di angoscioso: l’unica cosa che mi preoccupa è di riuscire a farla finita, prima che sia la situazione a finirmi”. “La malattia” dice “è una dimensione spaziale, così come il tempo” e la morte “è vicinissima, se ne avverte l’alito, l’odore. E questa familiarità non suscita allarme, anzi, è quasi tranquillizzante”. E poi “C’è qualcosa di indiscreto nel vivere più a lungo di quanto sia conveniente. Come quando i padroni di casa si scambiano un’occhiata sopra il capo dell’ospite: ma quand’è che se ne va?”. E ancora lucide riflessioni sulla letteratura (soprattutto quella ungherese, a cui non smette di interessarsi, ma anche Conrad, James, Marco Aurelio, il duca di Sully, Caterina da Siena), sul mondo contemporaneo, sul tema dell’esilio " L’esule che non fa ritorno a casa diventa un personaggio grottesco, se ne sta accoccolato su in alto, come l’anacoreta in cima a una colonna, e aspetta che arrivino i corvi a portargli da mangiare " – e naturalmente sulla prossimità della morte: " La morte è vicinissima, ne sento l’odore. Ma ho ancora qualcosa da spartire con la vita ". Sono proprio le estreme, sconvolgenti pagine dell’autore delle Braci. Sándor Márai scrive l’ultima frase il 15 gennaio del 1989. Un mese dopo la dispersione nell’oceano delle ceneri di Lola aveva acquistato una pistola. Quattro mesi dopo si era iscritto a un corso per imparare a usarla. La sua più grande preoccupazione era che qualche imprevisto potesse impedirgli di decidere lui il momento della “partenza”. “Se i miei occhi peggiorano chissà se riuscirò a trovare la pistola nel cassetto." Il 15 gennaio 1989, le ultime righe del diario: “Aspetto la chiamata alle armi, non la sollecito, ma non la rinvio neppure. È giunto il momento”.
Il 21 febbraio, tredici mesi e mezzo dopo la morte di Lola, si uccide sparandosi un colpo di pistola alla tempia.
E poi l'attrice britannica
Lynne Frederick
1954*1994
1954*1994
Le persone pazze come me, non vivono a lungo ma vivono come vogliono.
Amy Winehouse
E Amy Winehouse
se n'è andata il 23 luglio 2011.
Aveva 27 anni.
I lunghi e cotonati capelli neri corvino, lo sguardo penetrante, reso ancora più intenso dall'eyeliner, il piercing poco sopra le labbra carnose e la sua voce così unica: roca, delicata, pastosa, sensuale ed esplosiva. Ricca di sfumature. In una sola parola: inimitabile....
Aveva 27 anni.
I lunghi e cotonati capelli neri corvino, lo sguardo penetrante, reso ancora più intenso dall'eyeliner, il piercing poco sopra le labbra carnose e la sua voce così unica: roca, delicata, pastosa, sensuale ed esplosiva. Ricca di sfumature. In una sola parola: inimitabile....
E intanto beveva vodka. Dicono che era svenuta tre volte per eccesso di vodka nella sua ultima settimana di vita. E la sera della morte era così ubriaca da avere inviato un tweet delirante. Ciononostante, non voleva autodistruggersi. Non voleva morire. Il suo medico personale, Cristina Romete, ha raccontato di averla incontrata la sera prima della fatale overdose alcolica: "Amy mi disse specificatamente che non voleva uccidersi, non voleva morire". Era stata avvertita dei rischi che correva con l'alcol. Purtroppo non è stata capace di fermarsi da sola.
E non c'era nessuno con lei quella sera in grado di aiutarla.
Nessuno prima.
Nessuno.
E non c'era nessuno con lei quella sera in grado di aiutarla.
Nessuno prima.
Nessuno.
La vita è corta, tutto può succedere,
e spesso accade, quindi non ha senso
perder tempo a pensare a tutti i se e i ma.
Amy Winehouse
e spesso accade, quindi non ha senso
perder tempo a pensare a tutti i se e i ma.
Amy Winehouse
Quelle come me sono destinate ad avere l’anima perpetuamente in tempesta.
Amy Winehouse
E Whitney Houston...
1977*2012
Da qualunque punto di vista la si esamini [l’infanzia, il successo, la morte] quella di Whitney Houston è stata un’esistenza tragica. Le molestie subite da bambina, le violenze inflitte dal marito Bobby Brown, la dipendenza dalle droghe ne hanno precocemente dissipato l’immenso talento. Fino alla scomparsa, l’11 febbraio 2012, quando “The Voice” viene trovata senza vita nella vasca da bagno della Suite 434 del Beverly Hilton Hotel, sulle colline di Hollywood, California. La polizia annota la presenza su un tavolino di una bottiglia aperta di champagne e di un cucchiaio con una «sostanza cristallina bianca». Alcune settimane dopo il referto dell’autopsia attribuisce la morte di Houston ad «annegamento accidentale» in seguito a overdose di droga, farmaci e alcol. A 48 anni la sua stella si è spenta per sempre.
E la storia si ripete. Il 31 gennaio di tre anni dopo, la figlia Bobbi Kristina, 22 anni, viene ritrovata priva di conoscenza nella vasca da bagno della sua villa ad Atlanta, in Georgia. In corpo ha un cocktail letale di alcol, droga e farmaci. Ha subito danni cerebrali irreversibili: muore dopo sei mesi di coma, il 6 luglio, senza avere mai ripreso conoscenza.
Diego Armando Maradona
venticinque novembre 2020
[non è venuto a mancare nell'esercizio della sua achilleità]
gli eroi, di certo, muoiono giovani... e lui certo giovane non era! Ma come Ayrton Senna non è stato semplicemente un campione; come Senna incarnava un'idea... ci sollevava dalla mediocrità, ci sollevava dalla marginalità [desiderare di sollevarsi dalla mediocrità e dalla marginalità non è comunque sentimento prezioso, nobile, umano?] Quanti rimangono attoniti perché delegavano a lui l’utopia di una vita vissuta credendo in quel che fai, migliorandoti e sfidando i propri limiti? In questo nuovo tragico fatto della vita, un'intera generazione seppellisce nuovamente quella bellissima illusione di poter “rompere la propria mediocrità e marginalità".
Era un’utopia... se volete: quell'utopia era meglio che la rassegnazione...
Il più grande campione che ho visto giocare
è Diego Armando Maradona. Credimi, figlio mio,
non esisterà mai più, nei secoli dei secoli, un altro come lui. Ha fatto dell'imperfezione la perfezione. Piccolo, gonfio, dedito ad albe stanche, svogliate e sbagliate, vittima di falsi amici e della volontà di andare oltre ogni regola, Maradona ha trasformato un semplicissimo pallone di cuoio in uno scrigno di bellezza.
Darwin Pastorin
«L'ansia da successo con la conseguente rassegnazione all'alcol e alle droghe sono grandi nemiche della vita perché di solito spingono su un percorso facile ma di sconfitta. Non va bene darsi per vinti».
L'unico capolavoro è vivere.
Gilbert Cesbron
Gilbert Cesbron
"Venuto al Mondo", Margaret Mazzantini
Il romanzo del 2008 diventato film nel 2012...
"Una mattina Gemma decide di partire con suo figlio Pietro, sedici anni, per accettare l'invito di Gojko, un vecchio amico bosniaco, di professione poeta. Da qui la storia si sdoppia, alternando il racconto del soggiorno a Sarajevo di Gemma e Pietro ai ricordi della stessa Gemma: dal viaggio a Sarajevo nel 1984, quando la città ospitò i XIV Giochi olimpici invernali, in cui conobbe Gojko, con il quale stringerà una grande amicizia, all'incontro con Diego, squattrinato fotografo genovese con il quale, una volta tornata in Italia, si sposerà; dal dolore causato dai numerosi aborti allo scoppio della guerra, dalla morte della madre al ritorno a Sarajevo durante l'assedio. La storia di Gemma si intreccia con quella di molti personaggi minori, dei quali la donna mantiene un ricordo vivido: Mirna e Sebina, madre e sorella di Gojko; Aska, musicista ribelle che accetta di affittare il proprio corpo per permettere a Gemma e Diego di avere un figlio, il padre di Gemma, sostenitore delle scelte della figlia e Giuliano, padre putativo di Pietro, che sostiene Gemma dopo il suicidio di Diego. La storia prosegue, stagliandosi nitida su un paesaggio drammatico, come la Sarajevo dilaniata dalla guerra, che rispecchia pienamente le emozioni e le condizioni dei personaggi, che solo alla fine del racconto riusciranno finalmente a trovare un equilibrio più stabile."
se la libertà non l’hai conquistata, alla fine della strada c’è anche la fine del sogno».