E furono sciamane...



[Lilith... simbolo del femminile che non si assoggetta al potere maschile, femminista ante litteram.]
Secondo alcuni la storia di Lilith sarebbe soprattutto la storia della metamorfosi di un mito arcaico: donna, ma non madre, le vengono preferite per millenni le figure di Eva e Maria, spose sottomesse e ubbidienti. Il mito di Lilith finisce per condensare in sé molte delle negazioni patriarcali della figura femminile, in quanto non rispetta lo stereotipo di “produttrice di figli” spogliata di ogni aspetto di autonomia e sensualità. Ma alla fine la giusta cultura prevale sempre e con l’avvio dei processi di emancipazione, la donna si spoglia dell’abito che le era stato cucito dalla tradizione religiosa. In parallelo alla crescente emancipazione femminile nel mondo occidentale, la figura di Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al potere maschile, prima femminista della storia.


Ci sono tracce che, nella vecchia Europa e non solo, rivelano l'esistenza di una grande civiltà risalente a prima dell'ultima glaciazione (25.000 a. C.). Una civiltà delle donne. Egualitaria, pacifica, che credeva in una Dea Madre.
 Una civiltà policentrica, priva di centri di potere dominanti, che non conosceva l’uso delle armi, non aveva fortificazioni ma al contrario insediamenti, anche vasti e articolati architettonicamente, che erano posti in pianura e lungo i corsi d’acqua. Ma se ci sono tracce di questa civiltà fino al 5.000 a.C., come si collocherebbe la storia delle guerre tra Atlantide e tutti gli altri popoli, con in testa Atene che sconfisse gli atlantidei, tutti egualmente spazzati via nel catastrofico diluvio del 10.000 a.C. ca? Non sarà che ad ogni catastrofe c'è sempre un nuovo inizio che vede costantemente e fortunatamente ritornare al comando la donna e, con essa, la pace? Non sarà che, per ultimo,  il diluvio universale non ha fatto altro che spazzare via l'ennesimo mondo in mano al potere maschile fatto di eserciti e di guerre? Insomma, 
nella vecchia Europa e non solo, per ultima ma non unica, è esistita una grande civiltà pacifica precedente ai Sumeri agli Egizi e ai Greci. Una civiltà pacifica che, almeno dal 25.000 a.C. in poi, si ripropone ciclicamente ogni volta che un modo maschile di guerre ha il suo tragico epilogo.
Ultima, in ordine di tempo, la civiltà delle donne risorta successivamente alla fine del mondo di Atlantide e di Atene, fu spazzata via circa 7.000 anni fa quando, a più ondate, arrivarono nel Mediterraneo gli Indoeuropei, popoli che vivevano nell’Asia settentrionale e che veneravano un Dio maschio, conquistatore e guerriero. Per circa duemila anni la religione della Dea ha tentato di resistere e di convivere a fianco del nuovo pantheon maschile. Provò a combatterlo scendendo in guerra attraverso le famose Amazzoni... ma quel mondo inizialmente pacifico fu sopraffatto.
ph Jose Antonio Penas

La preistoria va riscritta e con lei il culto più arcaico: quello della Dea Madre! La preistoria va ripensata e rivista: l’immagine del primitivo coperto di pelli che si aggira selvaggio e inconsapevole non convince più... gli antichi utilizzavano grotte naturali, in alcuni casi anche parzialmente modellate, come templi rituali per il culto alla Dea Madre a causa della loro forma che richiama il luogo del concepimento.


[e la donna fu "Sciamana"...]
Quella donna ponte, che vede e sente oltre l’ordinario e che è in grado di connettersi con le altre dimensioni. Spesso pratica la guarigione spirituale e fisica sugli altri. Di solito medita, fa dei lavori creativi, balla, suona il tamburo, vive in mezzo alla natura. Che le donne sono “per natura sciamane” lo dice uno sciamano siberiano a un famoso antropologo russo. Le donne, in effetti, sono facilitate nella connessione con le altre dimensioni dalla loro natura ciclica. 
Mentre gli sciamani uomini necessitano di un particolare apprendistato per diventare tali, le donne ogni mese, grazie alle mestruazioni – che sono peraltro in stretto collegamento con le fasi lunari – sperimentano quattro momenti diversi, quattro energie che si alternano e si ripetono ciclicamente, anno dopo anno e che le connettono con altre dimensioni. Le donne “dormienti” non “ascoltano” il proprio ciclo: lo nascondono, lo disprezzano, lo ignorano a causa di esso si sentono sporche, menomate, inferiori agli uomini. La fase mestruale, ad esempio, che nella nostra società è considerate un tabù e un momento in cui la donna diventa intrattabile, è invece una fase in cui la donna è al massimo della sua energia e può connettersi maggiormente con altre dimensioni ed essere creativa.

Ci è stato insegnato a leggere la Storia come uno sviluppo lineare da un inizio selvaggio e primitivo verso un futuro sempre più giusto e
 civile. Anche se le guerre continuano ad abbondare, si dice che non abbiamo mai vissuto in tempi così pacifici. Impariamo tutto sulle violenze dei nostri predecessori, ma il sistema di potere patriarcale non viene mai messo in discussione. E se la storia vera fosse un’altra?  Che cosa succederebbe se cominciasse a diventare evidente che le prime civiltà furono pacifiche, senza divisioni di genere, di ricchezza e con al centro la sapienza delle Madri?  Forse potremmo cominciare a immaginare come riorganizzare la vita sul pianeta e a inventare nuovi modi di vivere. 
Luciana Percovich, curatrice della Collana Le Civette della casa editrice Venexia e Maria Cristina Ronc, archeologa e direttrice del Forte di Bard, presentando il libro di Judy Foster “Le donne invisibili della preistoria”. fanno propria questa tesi, partendo dalle ricerche di Marija Gimbutas e retrodatando gli inizi delle civiltà umane di molti millenni: migliaia di anni di pace, un lunghissimo periodo in cui le donne sono state il cuore delle invenzioni umane, hanno preceduto gli ultimi seimila anni di violenza sotto il dominio maschile.
E allora partiamo dalle ricerche di Marija Gimbutas
 la ricercatrice che ha scoperto la civiltà dell’Antica Europa e ha messo sottosopra, mandandole all’aria, molte delle certezze fondative e degli assunti impliciti della cosiddetta civiltà classica. 



Secondo me,
all’inizio di tutto,
c’è sempre una donna..

Giorgio Gaber

Una grandiosa archeologa Marija Gimbutas (1921-1994) ha pubblicato le prove che fino al 3500 a.C. nell'Europa occidentale è esistita una civiltà pacifica, ugualitaria, portatrice di una spiritualità fortemente legata alla terra. Era una civiltà in cui la Grande Madre e la sua cultura guidavano i popoli in una convivenza pacifica.


La studiosa italiana Momolina Marconi (1912-2006) confermò l’ipotesi del matriarcato con l’idea che dalla Puglia alla Sardegna, alle coste africane e dell’Anatolia, fosse esistita una civiltà matriarcale, quella dei Pelasgi, che credeva in una 
Grande madre mediterranea. Un’età dell’oro, di bilanciamento fra i sessi. Ma questa fase matriarcale è stata spesso considerata un’utopia femminista, nonostante fosse stata ipotizzata anche dal filosofo ed economista Friedrich Engels (1820-1895) che ne spiegò la fine con la nascita della proprietà privata.

Gli insediamenti paleolitici non avevano fortificazioni, segno che la guerra era pressoché sconosciuta. E non si ritrovano solo a Malta, ma anche nelle attuali Gran Bretagna, Francia, Spagna, Italia e in località dell’Europa centro-orientale. L’antropologa Marija Gimbutas (1921-1994), in decine di campagne di scavo, raccolse segni a spirale, simboli femminili, e sculture di divinità femminili della fertilità. E anche statuine di “donne-civetta”, trovate in sepolture che non indicavano differenze sociali fra i defunti. Arrivando a una conclusione: nella vecchia Europa, e non solo, era esistita una grande civiltà precedente ai Sumeri e ai Greci. Una civiltà delle donne. Egualitaria, pacifica, che credeva in una dea madre.Una ricerca che ha ricostruito il passato arcaico riportando a galla la presenza cancellata del femminile nella storia... le radici prime dell’Europa che ha riportato alla luce nelle sue campagne di scavo nel decennio tra il 1967 e il 1978 proprio nel cuore dell’Europa, e precisamente nel bacino del Danubio e nella penisola balcanica. Una ricerca che evidenzia le prime tracce di una civiltà europea risalenti sicuramente a prima dell’ultima glaciazione (Willendorf e Laussel 25.000/15.000 ac). Una civiltà policentrica, priva di centri di potere dominanti, che non conosceva l’uso delle armi, non aveva fortificazioni ma al contrario gli insediamenti, anche vasti e articolati architettonicamente, che erano posti in pianura e lungo i corsi d’acqua; una civiltà che non usava distinzioni di rango nelle sepolture e verosimilmente indicava attraverso il simbolo che noi chiamiamo della Dea (le cui statuette, quasi sempre di piccole dimensioni, compaiono in sovrabbondanza in ogni sito) la sua concezione della vita, legata al ciclo della natura di vita, morte, rigenerazione e nuova nascita.


Le chiamano Regine del deserto.
Sono le donne Tuareg. Portano il viso scoperto per mostrare la loro bellezza. Hanno poteri pari a quelli degli uomini. Insegnano ai figli il loro codice comportamentale. Si sposano e divorziano quando vogliono e in entrambe i casi si festeggia. Sono proprietarie dei beni preziosi della loro tribù. Hanno libertà sessuale pari a quella degli uomini. I Tuareg hanno la legge sul divorzio più Matriarcale del mondo. I figli vengono affidati alle madri insieme ai beni più preziosi e alla tenda.


 Numerosi archeologi come la lituana Marja Gimbutas hanno trovato innumerevoli reperti che dimostrano come anticamente, fino a 5.000 anni fa, esistesse nel Mediterraneo una società pacifica, matriarcale e matrilineare, che venerava una Dea. Alle donne era permesso esprimere se stesse, occupavano posizioni di rilievo nella società e avevano la completa gestione del proprio corpo e della propria sessualità. Nessun ruolo le schiacciava e le confinava in alienanti gabbie sociali: non esisteva il concetto di coppia, né il matrimonio, né il possesso dell’altro, né, di conseguenza, l’adulterio e le relative penalizzazioni. I figli nascevano spontaneamente e tutta la comunità si faceva carico della loro educazione. In particolare, uomini e donne veneravano la Dea, una sorta di utero primordiale da cui tutto si è originato e che in ogni singola donna s’incarna. Si riteneva che la donna fosse il legame tra il microcosmo e il macrocosmo, si rispettava e si onorava come espressione della Dea.
un lunghissimo periodo che ha preceduto gli ultimi seimila anni di violenza sotto il dominio maschile...


Circa 7.000 anni fa, a più ondate, sono arrivati nel Mediterraneo gli Indoeuropei, popoli che vivevano nell’Asia settentrionale e che veneravano un Dio maschio, conquistatore e guerriero. Per circa duemila anni la religione della Dea ha tentato di resistere e di convivere a fianco del nuovo pantheon maschile. Ma i capi indeuropei hanno finito con imporre il proprio credo, hanno creato leggi che limitassero la libertà delle donne, con l’obiettivo principale di garantirsi il possesso, attraverso di esse, dei loro figli, dei loro beni materiali e delle loro eredità. Hanno così introdotto la monogamia e il matrimonio e hanno relegato la donna a occuparsi solo della famiglia. Sono nate le religioni monoteiste dell’Ebraismo e in seguito dell’Islamismo e del Cristianesimo, che hanno operato una mirata demonizzazione della donna. Il culto della Dea ha provato a resistere di nascosto ma con grosse difficoltà, soprattutto nelle epoche di maggiore intolleranza della Chiesa, come dimostra il numero agghiacciante di donne uccise in Europa nel Medioevo durante la “caccia alle streghe”: nove milioni. Quello che era in palio era il controllo dei territori e del potere. Con la forza è stato strappato alle donne.

Io me ne vado, uomo.
Me ne vado da questo paradiso
terrestre, fatto su misura
non per me ma per te, che sei capace
di renderlo un inferno. Fosse stato
per chi è forte di cuore, non di braccio,
io l’avrei governato con saggezza,
l’avrei dato
ai miei figli com’ era, ancora intatto.
Puro. Splendido. Giusto. E il nostro patto
in eterno ci avrebbe conservato.
Eravamo due parti,
noi, di un unico parto:
nati insieme, una cosa
sola.
E solo
stando uniti, chi ci aveva creato
avremmo rispecchiato.
Ma l’unione indivisa non poteva a sua volta
creare, germinare, dare vita
nel tempo.
Così fummo spezzati. A te andò tutto
quel che è potere, egemonia, egoismo.
A me invece la forza più nascosta,
quella della pace
e del coraggio.
Sarei stata capace, lo sai, di continuare
a servirti per sempre, per amore,
nascondendo per non umiliarti
tutto quel che mi fa, di te, migliore.
Sarei stata domestica, ubbidiente,
quella che è sempre sotto. Quella senza.
Ma in me è giustizia, e anche preveggenza:
ho l’intuito, dove tu hai solo mente.
Così ho visto il futuro,
ho visto Eva,
la maliarda, la finta sottomessa.
L’ho prevista tentarti, l’ho sognata
mentre una mela atroce ti porgeva.
Ti ho capito
debole, assurdo, stupido, bugiardo.
Corrotto da una smania che mi è ignota.
E ho visto nel futuro questo mondo
in cui non ho accettato di abitare.
Ho visto il paradiso trasformato
in un luogo in cui il sangue non è vita
ma sempre e solo frutto di violenza.
Un luogo in cui la legge è la paura.
Un luogo in cui la donna non è pura
se non sta sotto un uomo.
Unica colpa mia: la preveggenza.
Tieni Eva con te, mio sempre amato.
Tieni la giovinezza che ti tenta.
Tieni chi ti fa credere adorato,
chi non ha rughe e si finge contenta.
Io sono Lilith, e non ho peccato.
Me ne vado, sai, uomo? Me ne vado.
Aldina Sommariva, Lilith


"La donna scheletro", una meravigliosa fiaba di Patrizia Boi 
che prende spunto dalla raccolta "Donne che corrono coi lupi" di Clarissa Pinkola Estès...

"Le donne furono accusate di essere carnali nell'intimo e di essere la fonte di ogni tentazione malvagia per l'uomo. Le nostre pratiche furono equiparate al male e nei secoli questo portò il mondo a temere i poteri inconsci delle donne"
"Il Risveglio della Dea", Vicki Noble
  scrittrice guaritrice sciamanica e studiosa delle culture matrifocali.



Sii la donna selvaggia che sei...

Sei stata selvaggia, un tempo...
non lasciarti addomesticare.
Isadora Duncan

La donna selvaggia che vive in ognuna di noi spesso viene silenziata, calpestata, addomesticata, schiacciata, nascosta per vergogna... come “brave bambine” messe a tacere, troppo carine per potersi ribellare, accondiscendenti, timide, insicure, in ombra, sfuocate, misconosciute, viste poco... sposate ad una vita che non gli appartiene, senza colore. Ingabbiate in copioni di vita da “scusa”, “vorrei ma non posso”, “non interessa a nessuno”…

Appartengo ad una tribù di donne
che possiedono il riso delle bambine
e il ghigno insolente delle vecchie,
capelli lunghi e liberi,
e occhi antichi come la Terra,
dove la bellezza interiore non finisce.
Sorelle di uomini che hanno lo spirito del lupo e dell'aquila, gioiosi folletti che non hanno mai smesso di giocare. Esseri che attraversano il tempo, in costante movimento,
ardenti di curiosità.
Non ho e non avrò mai l'età
che indicano i documenti,
perché non sono giovane
e non sarò mai vecchia.

Myriam Aram


La connessione con la nostra donna selvaggia non muore mai, vive e si cela anche nel fastidio, nell’insoddisfazione, nella solitudine, nei nostri errori, e attende solo che le si dia nuovamente ascolto e linfa vitale.
Come fa la Loba (la Lupa... vecchia saggia che cerca le ossa e le riporta in vita), dobbiamo risvegliare (con il canto, con la danza, il tamburo, la meditazione, la pittura e tutte le arti) le nostre ossa, aprire la porta, e cantare il canto della nostra anima.
Mentre La Loba canta le ossa, accade qualcosa di magico: queste, un pezzo alla volta, tornano ad essere vive. La Loba ridona loro quel vitalismo che avevano perduto, riporta energia a quei frammenti di DNA immaginale che sono ancora contenuti nelle ossa (per sapere meglio cosa sono “le ossa”, trovi un articolo intitolato “Il Sentiero delle Ossa“).

Un intramontabile capolavoro di poesia, psicologia e spiritualità...
Un testo di Clarissa Pinkola Estés diventato ormai un classico...

Clarissa Pinkola Estés, psicanalista junghiana nonché maestra indiscussa nella ricerca della felicità, fonda una psicanalisi del femminile attorno alla straordinaria intuizione della Donna Selvaggia: una forza psichica potente, istintuale e creatrice, lupa ferina e al contempo materna, ma soffocata da paure, insicurezze e stereotipi.




[ma non importa, potete chiamarmi strega]
Non importa chi sono. 
Non importa come mi chiamo. 
Potete chiamarmi Strega.
Perché tanto la mia natura è quella. 
Da sempre, dal primo vagito, dal primo respiro di vita, dal primo calcio che ho tirato al mondo.
Sono una di quelle donne che hanno il fuoco nell’anima, sono una di quelle donne che hanno la vista e l’udito di un gatto, sono una di quelle donne che parlano con gli alberi e le formiche, sono una di quelle donne che hanno il cervello di Ipazia, di Artemisia, di Madame Curie.
E sono bella! Ho la bellezza della luce, ho la bellezza dell’armonia, ho la bellezza del mare in tempesta, ho la bellezza di una tigre, ho la bellezza dei girasoli, della lavanda e pure dell’erba gramigna!
Per cui sono Strega. 
Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale… sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e… folle ingegnere della mia vita. Sono Strega perché so usare la testa, perché dico sempre ciò che penso, perché non ho paura della parola pericolosa e pruriginosa, della parola potente e possente. Sono Strega perché spesso dò fastidio alle Sante Inquisizioni di questo strano millennio, di questo Medioevo di tribunali mediatici e apatici. Sono Strega perché i roghi esistono ancora e io, prima o poi, potrei finirci dentro.



[e chiamatemi pure strega]
"Trøllabundin" un brano della cantautrice faroese Eivør Pálsdóttir, conosciuta solo come Eivør (Syðrugøta, 21 luglio 1983).





[Sembri una strega... 
che merito ha essere una strega?]
Te lo dico io: "Una strega è una donna legata alla natura; conosce il potere delle piante e comprende il linguaggio degli animali. Viaggia tra i mondi e comunica con il grande spirito.
Una strega ama se stessa e ama ogni essere vivente, rispetta ed è capace di ascoltare senza giudicare e di guarire un cuore spezzato.
Essere una strega significa conoscere il potere che hai dentro, godendoti quello che sei senza sminuire nessuno.


Le streghe danzano e cantano senza complessi, decifrano i messaggi della luna e del vento e fanno il bagno nude nei fiumi e nei mari.
Fanno magia nelle loro case. Con una buona pentola riscaldano il corpo e l'anima.
Le streghe godono la loro sessualità e la usano per co-creare.
Ci sono streghe che cantano e streghe che scrivono.
Altre fanno pane o vendono le loro creazioni.
Le trovi in tutte le professioni.
Alcune si riuniscono nelle notti di luna nuova intorno al fuoco, altre inventano rituali nelle loro case e ascendono candele.
E sai perché?
Perché non hanno paura.
Ballano e cantano orando e invocando gli antenati che sono morti ingiustamente.
Alzano la voce per svegliare le donne che ancora subiscono l'incantesimo di secoli di repressione.
Sussurrano incantesimi di amor proprio, passano dall'una all'altra e li incidono nelle loro cellule.


Streghe, streghe e streghe che percorrono le quattro direzioni curando il mondo con i loro doni.
 
 Il mondo delle streghe, autore sconosciuto.

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